Parte II Dispensa_illuminotecnica Dispensa Illuminotecnica

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Parte II
ILLUMINOTECNICA
2
GRANDEZZE FOTOMETRICHE FONDAMENTALI
La doppia natura della luce, ondulatoria e corpuscolare, ha costituito in passato uno
degli argomenti maggiormente dibattuti in ambito scientifico. Una delle prime teorie che
tentavano di spiegare il fenomeno luminoso fu quella corpuscolare, secondo la quale la
luce è costituita da piccolissime particelle che, muovendosi ad elevata velocità, sono in
ne della visione. Newton fu
uno dei più autorevoli sostenitori della teoria corpuscolare: con essa, egli tentò di spiegare
alcuni fenomeni come la riflessione e la rifrazione. Secondo la teoria corpuscolare, quando
la luce passa da un mezzo meno denso ad uno più denso, come avviene ad esempio
 
che loro un impulso in grado di aumentarne la componente della quantità di moto in
direzione perpendicolare alla superficie incrementando così la velocità di propagazione e
deviando la traiettoria, in modo tale che la luce rifratta si avvicini alla normale alla
superficie di separazione considerata. Con questa teoria, dunque, la velocità della luce
risulta maggiore nei mezzi più densi rispetto a quelli meno densi, ipotesi che si rivelò poi
falsa, esattamente 200 anni dopo quando Foucault, con un procedimento sperimentale,
dimostrò il contrario.
Inoltre, la teoria corpuscolare prevedeva la propagazione della luce unicamente in linea
retta e pertanto non era in grado di spiegare alcuni fenomeni, come la diffrazione, che non
sono compatibili con tale ipotesi.
Foucault, con i suoi studi, diede un grosso impulso a nuove teorie in grado di
spiegare i fenomeni legati alla propagazion      
strada la teoria ondulatoria secondo la quale la luce si propaga per onde
elettromagnetiche, perturbazioni periodiche nel tempo e nello spazio del campo
elettromagnetico, prodotte da cariche in moto accelerato.
Thomas Young agli inizi del diciannovesimo secolo propose la teoria ondulatoria per
           
che maggiormente sostennero la natura ondulatoria della luce, spiegando con essa gli
stessi fenomeni elementari di riflessione e rifrazione che Newton aveva tentato di spiegare
con la teoria corpuscolare, ma fu Augustin Fresnel che diede un grosso impulso
       a
interferenza e sulla diffrazione e formulando una base matematica per tale teoria.
          

della luce (nel vuoto è circa 3 × 108 m/s). Suggerendo che questo accordo non era
casuale propose che la natura della luce fosse di tipo ondulatorio.
La natura ondulatoria della luce, sebbene corretta, non è però in grado di spiegare
alcuni fenomeni legati a         
Hertz del 1887, che confermava la teoria ondulatoria di Maxwell, che permise di scoprire

come dimostrò Einstein nel 1905. Fu pertanto reintrodotto il modello corpuscolare,
ipotizzando la doppia natura della luce, universalmente accettata a partire dagli anni 20
quando Davisson, Germer e Thompson dimostrarono che anche gli elettroni ed altre
particelle simili hanno una doppia natura.
La teoria della meccanica quantistica, elaborata da illustri studiosi quali Schrödinger,
           


particelle di dimensioni molto piccole dette fotoni.
3
In sintesi possiamo affermare che, nello studio delle modalità di propagazione della
luce, viene messa in evidenza la sua natura ondulatoria, mentre quella corpuscolare
             
natura corpuscolare della luce spesso non viene notata poiché il numero di particelle di
luce (fotoni) presente in un fascio luminoso è molto elevato mentre il loro contenuto
energetico è molto piccolo.
Le equazioni di Maxwell permettono di descrivere le modalità di propagazione della luce
consentendo di determinare il valore del campo elettromagnetico in coordinate spazio-
temporali. Tali equazioni presentano però in molti casi notevoli difficoltà nella loro
soluzione e forniscono risultati di precisione addirittura eccessiva rispetto al grado di
approssimazione che può essere ritenuto accettabile in molti settori della fisica applicata.

dimensioni medie dei corpi con cui la luce interagisce in natura (- = 380 ÷ 780 nm). In tali
condizioni, anziché risolvere le equazioni di Maxwell, per lo studio delle modalità con cui la
luce si propaga nello spazio ed interagisce con i corpi che lo occupano, è possibile
adottare metodi approssimati, quale ad esempio q

In accordo con le deduzioni di Maxwell, la luce può dunque essere trattata come
onda -m, un periodo T (s),
una frequenza Hz=s-1inverso del periodo,ed una velocità c (ms-1).
La relazione che esiste tra queste grandezze è quella stessa che vale per tutte le onde
elettromagnetiche e meccaniche:
-- cTc
Al modello elettromagnetico, poi, viene accoppiato quello quantistico, secondo il quale
            
proporzionali alle frequenze:
h
dette quanti di energia.
h è la costante di Planck che vale 6,626·10-34 (J
s) e la frequenza della radiazione.
            
 
onde elettromagnetiche che si differenziano tra di loro per i diversi effetti che producono.
             m)

ino a valori intorno a 105 nm si hanno i campi
del vicino e del lontano IR, cui appartengono radiazioni elettromagnetiche responsabili del
trasporto di energia termica. Al di sotto di 380 nm si hanno invece le radiazioni UV.
Lo spettro del visibile può essere ulteriormente suddiviso in campi che si differenziano tra
di loro per la diversa sensazione cromatica provocata dalla luce emessa.
Nella figura seguente vengono evidenziati i vari settori dello spettro elettromagnetico della
luce con i relativi colori puri che caratterizzano la luce emessa.
4
Figura 1: Finestra ottica e Spettro elettromagnetico
Assorbimento, Riflessione e Trasmissione di una superficie
   de su una superficie, si suddivide in tre
componenti: una riflessa, una assorbita ed una trasmessa.
Indicando rispettivamente con Ea ed Er ed Et le tre componenti suddette e con Ei 
incidente, si può scrivere la seguente relazione:
itra EEEE
da cui:
1tra
E
E
E
E
E
E
E
E
i
i
i
t
i
r
i
a
essendo ovviamente:
i
t
i
r
i
a
E
E
t
E
E
r
E
E
a;;
a, r e t sono detti, rispettivamente coefficienti di assorbimento, di riflessione e di
trasmissione ed indicano rispettivamente la percentuale di energia incidente che viene di
volta in volta assorbita, riflessa o trasmessa dalla superficie in oggetto.
La riflessione può essere speculare o diffusa. La consideriamo speculare se la
             la
radiazione incidente e se si può considerare liscia, cioè dotata di asperità molto piccole (di
          
una superficie luogo a riflessione speculare, questa segue le leggi 
10-6
380
Raggi
cosmici
Raggi

Raggi
x
UV
IR
Microonde
UHF
1 km
Onde
lunghe
FINESTRA OTTICA
Radiazioni visibili
nm
VHF
Onde
corte
1
nm
nm
1 cm
Violetto
Blue
Verde
Giallo
Arancio
Rosso
5
geometrica, per cui il raggio riflesso forma con la normale alla superficie un angolo uguale

La riflessione di tipo diffuso, al contrario, si presenta come un fenomeno più
comples
di incidenza in maniera non regolare, oppure concentrarsi intorno ad una direzione
        
(riflessione mista).
Un caso particolare è quello che si verifica quando la riflessione pessere considerata
perfettamente diffusa, prodotta da una superficie detta “lambertiana”. Questa presenta la
caratteristica di riflettere energia raggiante in tutte le direzioni dello spazio con intensità


Figura 2: Riflessioni speculari e diffuse
Anche per ciò che riguarda la trasmissione, si può distinguere il comportamento di
una superficie trasparente (o diafana), che si lascia attraversare dalla totalità della energia
incidente, conservando la direzione di incidenza o deviando da questa in funzione dei
valori assunti dagli indici di rifrazione dei due mezzi, oppure di una superficie traslucida in
            
superficie assumono angolazioni irregolari nello spazio intorno alla superficie stessa.
ASPETTI FONDAMENTALI DELLA VISIONE
         
             
aspetti oggettivi, valutabili quantitativamente con le grandezze energetiche relative, ed

          
cornea    ad incidere le radiazioni luminose provenienti da qualunque
oggetto rientri nel campo visivo. Dietro la cornea si trova il cristallino, che è una lente
elastica e trasparente la quale, modificando il suo raggio di curvatura, mette a fuoco
         
vengono proiettate verso la zona posteriore dove incidono su una membrana, detta retina,
6
milioni di cellule nervose fotosensibili: i coni ed i bastoncelli, chiamati così per la loro
forma. I bastoncelli sono molto più numerosi dei coni, sono circa 120 milioni distribuiti su
tutta la retina. Essi sono molto sensibili alla luce, ma non sono in grado di distinguere i
Riflessione speculare
Riflessione
perfettamente diffusa
Riflessione mista
6
colori e sono pertanto preposti alla visione di tipo notturno, detta scotopica. Al contrario i
coni, meno numerosi (circa 6,5 milioni) e meno sensibili alla luce, reagiscono solo se
stimolati da una energia molto intensa, tipica della visione diurna in cui sono percepibili in
maniera distinta i vari colori dello spettro (visione fotopica). I coni, più concentrati in una
zona della retina detta fovea, possono essere di tre tipi: rossi, blu e verdi. Ciascuno di essi
contiene un fotopig        
          
           
cervello dove         
mostrandocela nel verso corretto.
Sensibilità dell’occhio
          
infatti, avviene un fenomeno diverso da quello di
         
      
una buona fotografia è il risultato del giusto equilibrio tra il grado si apertura del diaframma
ed il tempo di esposizione. Un tempo troppo breve può non essere sufficiente a far che

troppo            bruciare” la
         
              
tempo di esposizione e più la pellicola resta impressionata.
            
adattamento, esso raggiunge un certo grado di sensibilizzazione e non modifica nel tempo
        
esposizione.
         
 
Infatti
qualitativamente diverse, che danno luogo a differenti sensazioni cromatiche. La tabella
 campi

approssimati.
Tabella 1 Colori percepiti dall’occhio umano in funzione della lunghezza d’onda

stessa nei vari sett
dello spettro e minima agli estremi. Ciò significa che una radiazione di colore violetto o
Colore
Lunghezza d’onda - (nm)
Violetto lontano
380÷420
Violetto
420÷440
Blue
440÷460
Blue-Verde
460÷510
Verde
510÷560
Giallo
560÷610
Arancio
610÷660
Rosso
660÷780
7
           
co           
del giallo-
equivale a dire che la stessa potenza radiante appartenente al campo del visibile produce
          -verde e
meno intensa se invece appartenente al campo del violetto o del rosso.
In condizioni di visione fotopica, caratterizzata cioè da una luminosità sufficiente a

è pari a 555 nm (0,555 m), mentre in condizioni di visione scotopica, quando cioè la
luminosità è insufficiente alla percezione dei colori, questo valore è leggermente inferiore e
pari a 510 nm (0,51 m).
Cerchiamo a questo punto di quantificare la sensazione visiva in termini relativi cioè

a sensibilità.
Se indichiamo con V(-  -, e con Vmax
          
coefficiente di visibilità v(-
max
)(
)( V
V
v
-
-
Poiché la visibilità varia da 0 a Vmax il coefficiente di visibilità assume valori variabili tra 0

massima visibilità.
La figura 3 seguente riporta le curve di visibilità fotopica (1) e scotopica (2), in cui in

Figura 3: Visibilità fotopica (1) e scotopica (2)
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1.0
-m
v(-)
0.4
0.7
0.51
0.55
1
2
8
GRANDEZZE FOTOMETRICHE
Le grandezze energetiche radianti non sono sufficienti a quantificare gli effetti

caratteristiche oggettive di una radiazione luminosa e contemporaneamente alle capacità


      fotometriche  


Flusso luminoso
Il flusso luminoso misura la potenza radiante emessa da una sorgente pesata dalla
            
sollecitazione ricevuta e della composizione spettrale della radiazione. Tale grandezza si
misura in lumen (lm).
Supponiamo che una sorgente emetta una potenza radiante pari a W(-) in corrispondenza
  -. Se -   

flusso luminoso, convenzionalmente posto pari a 683 lm; per cui il flusso luminoso
prodotto da una potenza radiante qualsiasi in corrispondenza della - di massima

vale 683 lm/W.
Se invece la potenza monocromatica considerata è emessa a diversi valori della
           
funzione del coefficiente di visibilità. Possiamo in sintesi scrivere quanto segue:
Flusso monocromatico emesso per
-
= 555 nm:
)(
-
WK
con
WlmK/683
essendo unitario il coefficiente di visibilità v(- = 555 nm).
Flusso monocromatico emesso alla generica lunghezza donda
-
)()(
--
WvK
 emessa non in corrispondenza di un solo valore

una distribuzione discreta o continua. In questi casi possiamo definire la grandezza
fotometrica in oggetto nel modo seguente:
Flusso policromatico con distribuzione discreta della potenza radiante articolata in n
valori a diverse lunghezze d’onda:
n
iii WvK
1
)()(
--
9
Flusso con distribuzione continua della potenza radiante tra
-
1 e
-
2:
------
-
-
-
-
dWvKdWvK 2
1
2
1
)()()()(
               

---
dWvK
780
380
)()(
Intensità luminosa
Il flusso luminoso emesso da una sorgente si ripartisce in genere nelle varie
           
distribuzione spaziale del flusso luminoso nelle varie direzioni ai fini della previsione degli
effetti che tale ripartizione 
verranno illuminate.
         Intensità luminosa 
            il flusso
            
generica direzione intorno alla sorgente stessa.
     
infinitesimo considerato e con d il flusso luminoso in esso contenuto, si ha:
d
d
I
 ad una distanza
r dalla sorgente, si ha:
2
r
dS
d
Figura 4: Angolo solido
S
dS
r
2
r
dS
d
10

anche come la densità spaziale angolare del flusso luminoso.
Conoscere il valore della I per le varie direzioni intorno alla sorgente consente di costruire
il cosiddetto “solido fotometrico”, in cui, attraverso una rappresentazione vettoriale delle
intensità luminose si descrive la ripartizione spaziale del flusso luminoso intorno alla
sorgente.
Nella figura 5 viene rappresentato il solido fotometrico di una lampada ad incandescenza


Solitamente i dati fotometrici sono forniti dalle ditte costruttrici in relazione a ciascun
apparecchio illuminante. Per semplicità, vengono fornite delle curve fotometriche ottenute
sezionando il solido fotometrico secondo piani notevoli.
Figura 5: Solido fotometrico di una sorgente ad incandescenza
Se la sorgente produce una emissione assialsimmetrica, come quella della figura
precedente, è sufficiente un unico piano di sezionamento per fornire la rappresentazione
    
sezionamento del solido fotometrico.
         ividuate due o più
direzioni particolarmente rappresentative (es. longitudinale e trasversale) e i dati
fotometrici sono rappresentati in due dimensioni secondo questi piani di sezionamento
(cfr. Figura 6).
Spesso capita che un corpo illuminante possa ospitare lampade di diversa potenza con
valori di intensità emessa ovviamente diversi, proporzionali al valore della potenza

luminoso in modo da poter utilizzare gli stessi dati per le diverse soluzioni semplicemente
moltiplicando per il valore del flusso effettivo emesso di volta in volta dal corpo illuminante
in oggetto.
In questo caso i dati sono espressi in cd/klm.
11
Figura 6: Curve fotometriche
Dal
spazio circondante la sorgente:
dIdId
d
d
I
essendo          
sorgente.
         
diventa:
4
0
dI
elazione scritta è possibile solo se risulta
nota la relazione tra I ed 
costante in tutte le direzioni. In tale situazione, se è interessato tutto lo spazio che
circonda la sorgente, si ha:
IdIdI
4
4
0
4
0
Nel caso in cui sia 
in tutte le direzioni, la relazione diventa:
I
che ci permette di definire il lumen come il flusso luminoso emesso da una sorgente di
intensità luminosa uniforme e unitaria in un angolo solido di 1 sr.
12
Illuminamento

che il flusso luminoso emesso da una sorgente provoca sulla superficie illuminata, detta
piano di lavoro.
Consideriamo una superficie S qualsiasi su cui incide il flusso luminoso proveniente da
una sorgente. Qualunque sia la sorgente e la posizione reciproca tra essa e la superficie
illuminata, il flusso non si distribuisce mai in maniera completamente uniforme sulla
superficie stessa, pertanto sarà necessario individuare una porzione infinitesima dS della
superficie sulla quale poter ipotizzare una incidenza uniforme del flusso luminoso.
In questa ipotesi definiaIlluminamento
e la superficie illuminata dS:
dS
d
E

2
11 m
lm
lux
Si ha naturalmente:
S
dSEdSEd
a superficie S, allora si
può scrivere:
SEdSE
S
Figura 7: Illuminamento
Il valore di E sul piano di lavoro è di solito il dato quantitativo di progetto nel
dimensionamento di un impianto di illuminazione e il suo valore ottimale viene indicato
           

dS
S
d
13
LEGGE DELL’INVERSO DEL QUADRATO DELLA DISTANZA
Consideriamo una sorgente luminosa puntiforme S ed indichiamo con I l
luminosa da essa emessa nella generica direzione nello spazio intorno alla sorgente (cfr.
Figura 8).
Figura 8
Indichiamo con dl'angolo solido infinitesimo intorno alla direzione di I e con dS la
superficie infinitesima che esso sottende perpendicolarmente alla medesima direzione.
Se d è la distanza tra la sorgente e la superficie considerata, si può scrivere:
2
2
d
dS
ddddS

dS
d
E
Essendo d il flu
Si ha pertanto:
2
22
d
I
EdEd
dS
d
d
d
I

afferma che: l’illuminamento prodotto da una sorgente puntiforme che emette con una
intensità luminosa I in una certa direzione su una superficie piana perpendicolare alla
direzione medesima è direttamente proporzionale al valore della intensità ed inversamente
proporzionale al quadrato della distanza tra la sorgente e la superficie considerata.

         
infinitesima dS in direzione perpendicolare a quella dell   
modo, facendo riferimento alla figura 9, possiamo scrivere:
cos
cos
2
2
d
I
dS
d
dS
I
dS
dI
dS
d
E
S
I
dS
d
14
Figura 9: Legge dell’inverso del quadrato della distanza con incidenza obliqua
ità luminosa I su una superficie inclinata di
un angolo rispetto a quella ad essa perpendicolare (incidenza obliqua) è direttamente
        
 che definisce la
direzione di incidenza sulla superficie.
Luminanza
Una superficie illuminata riflette una certa parte del flusso luminoso che su di essa
incide in misura tanto maggiore quanto più chiara è la tinta da cui è caratterizzata. La
riflessione può essere poi tanto più di tipo speculare quanto ppiccole sono le asperità
della superficie, cioè quanto più liscia è la superficie stessa. Al contrario, una superficie
ruvida riflette diffusamente interessando più direzioni nello spazio. La diffusione è tanto più
uniforme quanto più numerose sono le direzioni nello spazio interessate dalla riflessione.

è chiaro che alla determinazione di questo effetto concorrono sia la quantità di flusso
luminoso che esce dalla superficie considerata sia le dimensioni della superficie stessa. A
parità di flusso riflesso una superficie piccola appare più brillante di una di maggiori
dimensioni. La sensazione di brillanza, tipica di una superficie riflettente, può anche
essere attribuita ad una sorgente estesa che emette un certo flusso luminoso. Tale flusso
può considerarsi emanato non da un punto ma da una superficie. Appartengono a questa
tipologia praticamente tutte le sorgenti se osservate da piccole distanze, in particolare gli
apparecchi illuminanti che ospitano lampade di grosse dimensioni, quali ad esempio le
lampade fluorescenti tubolari. In prima approssimazione, una sorgente di dimensioni finite
può essere ritenuta puntiforme, ai fini del calcolo delle grandezze fotometriche, se
            
invece da ritenersi estesa in tutti gli altri casi.
 superficie
brillante, sia essa emittente o riflettente, introduciamo la grandezza fotometrica
“Luminanza” 
osservazione e la proiezione della superficie in oggetto perpendicolarmente alla direzione
di vista.
cos
S
I
L
S
dS
I
d
dScos
15
Figura 10: Luminanza di una superficie
Tale grandezza si misura in cd/m2 = nit.
Se la superficie S viene vista in direzione perpendicolare, si ha dunque:
S
I
L0 0
0
Legge di Lambert o del coseno
Un caso particolare si verifica quando una superficie riflettente o emittente
(sorgente riflessa o diretta) si presenta con una luminanza uniforme, indipendente cioè
dalla direzione di vista. Tale superficie viene detta lambertiana ed è da considerarsi
perfettamente diffondente.
Considerata una superficie lambertiana ed indicate, rispettivamente, con L0 e con Lle
luminanze in direzione perpendicolare e nella generica direzione di osservazione , per
quanto detto si ha:
cosIISIcosSI
cosS
I
S
I
LL 00
0
0
            L’intensità
luminosa emessa da una superficie lambertiana (a luminanza indipendente dalla direzione
di vista) nella generica direzione

è proporzionale alla intensità in direzione
perpendicolare I0 secondo il coseno dell’angolo
formato dalle due direzioni.
         
dunque tale da dar luogo ad una curva fotometrica semicircolare; infatti la relazione scritta
            
inscritto in una semicirconferenza è rettangolo (cfr. Figura 11)
cos
S
I
L
I


I0
P
16
Figura 11: Curva fotometrica semicircolare di una sorgente lambertiana
Le formule scritte possono essere utilizzate per calcolare la luminanza di un corpo
illuminante nelle varie direzioni di vista quando questa non viene esplicitamente fornita dal
costruttore. Se indichiamo con Slum la luminanza di un corpo illuminante in direzione
verticale verso il basso ed I0 
lum
S
I
L0
0
Allo stesso modo la luminanza del corpo illuminante nella direzione va calcolata
considerando la superficie apparente dello stesso, cioè la proiezione di quella reale in
direzione perpendicolare alla direzione di vista
cos
lum
S
cos
lum
S
I
L
S
17
SORGENTI LUMINOSE
Note storiche introduttive

della fiamma ottenuta bruciando dapprima legna ed altri combustibili fossili sotto forma di
torce e, successivamente, pece, grassi ed oli animali, oli    
             
esso vennero associate divinità importanti, al cui culto si votarono completamente
sacerdoti e sacerdotesse con il compito di alimentarlo e mantenerlo sempre acceso sotto
la minaccia di pene severissime: accendere il fuoco non era così agevole come al giorno

1
.
Le prime vere lampade che illuminavano le notti degli uomini preistorici erano ricavate da
grosse conchiglie o da pietre scavate. La parte concava fungeva da serbatoio per il grasso
             
              
sopravvisse fino a tutto il XIX secolo ad illuminare le modeste abitazioni disperse nelle
nebbie della campagna inglese.
Gli Egiziani usavano lampade in pietra munite di stoppini di cotone: novità
 tessuto che, oltre a
fissare il punto di sviluppo della fiamma ottenendo notevoli miglioramenti
         
risalita per capillarità del combustibile liquido.
I Greci ed i Romani usavano lampade di bronzo o di materiale fittile quale il coccio e
la ceramica. Le lampade dei Greci dapprima erano dei semplici piatti ove bruciava olio
vegetale di oliva, di lino, di palma, di noci o di altre piante mentre lo stoppino galleggiava
libero s        
semplice scanalatura sul bordo che, trattenendo lo stoppino, aveva la funzione di
localizzare la fiamma.
Più tardi apparvero le prime candele confezionate con la tecnica del rivestimento a
più riprese di uno stoppino con cera di api e pece. Le comuni candele moderne, dette
candele steariche, sono confezionate mediante fusione e colatura, in uno stampo cilindrico
coassiale allo stoppino, di una miscela di acido palmitico ed acido stearico
2
che alla
temperatura ordinaria si presentano allo stato solido con bianche e lucide superfici
untuose al tatto ma che al calore della fiamma si liquefanno. Lo stoppino è di cotone o di
lino puro imbevuto di una soluzione di acido borico (H3BO3) e di tetraborato di sodio
(Na2B4O7.10H2O) comunemente chiamato borace
3
.
Data la fragilità delle candele steariche la miscela è stata successivamente rinforzata con

cerini. La cera a base di paraffina fonde tra 66 °C e 85 °C.
Attualmente le candele sono usate soltanto per scopi decorativi, per creare atmosfere
soffuse, piacevoli e talora complici e, ovviamente, abbondano soprattutto nei luoghi di
culto legati alla devozione ed alla fede religiosa.

riguardanti esclusivamente le tecniche artigiane di produzione delle lampade e la
diversificazione delle fonti del combustibile attingendo a quanto più disponibile nel
1
La prima fabbrica di fiammiferi fu avviata nel 1844 dallo svedese J.E. Lindstrom.
2
, stéar = sego), la cui formula è CH3(CH2)16COOH, è preparato commercialmente
trattando grassi animali, principalmente di montoni e di buoi, con acqua ad alta temperatura ed alta

3
Dalbianco.
18
territorio: grasso di bue, strutto o sugna di maiale, grasso di montone o di altro animale, il
sego ottenuto da grasso animale, vari oli vegetali ed animali e tra questi, oltre a quelli già
lena o di altri pesci e, dalla metà del 1800 con lo sviluppo

Quindi, a parte la fantasiosa novità della lampada di Aladino e del suo Genio che non
illuminava ma, e non è poco, esaudiva desideri, purtroppo solo per il fortunato possessore,

di contenere la fiamma entro spazi limitati da superfici diffondenti che miglioravano la
distribuzione della luce o da superfici riflettenti per convogliare e concentrare il fascio
luminoso su aree limitate come, per esempio, per ottenere particolari effetti scenografici
nelle rappresentazioni teatrali; ma nulla sostanzialmente di nuovo fino alla comparsa della
lampada ad olio di Argand
4
messa a punto nel 1874.
La lampada ad olio di Argand era dotata di uno stoppino sistemato tra due tubi metallici
             
aria ascendente poteva essere regolato
           
proteggere la fiamma con un camino di vetro chiaro trasparente per aumentare il tiraggio e
per assicurare una completa combustione del       
Argand risultava circa dieci volte superiore a quello di una lampada ad olio tradizionale di

Nei primi anni del XIX secolo si diffuse 
pregio notevole di un più esteso sviluppo della fiamma potendo disporre di più ugelli vicini.
      
5
, il butano, il gas di carbone, il gas naturale, il gas

6
ed il gas illuminante altrimenti detto gas luce
7
.
           
razionalizzazione della distribuzione del gas da carbone limitatamente, però, a beneficio
i piccoli centri e delle abitazioni isolate.
Fu William Murdock, ingegnere ed inventore scozzese (1754-1839), a sviluppare e
commercializzare le prime lampade a gas. Nel 1792, ben conscio del rischio di esplosioni
e, si può supporre, senza la copertura di una qualche polizza assicurativa, illuminò con
              
 
1800 le lampade a gas illuminarono le strade di Londra e quelle di molte altre città
europee ed americane. A Londra venne illuminato a gas anche il luogo ove veniva
praticato, sin dal XVI secolo, il gioco, precursore del croquet, noto con il nome italiano di
Palla a Maglio o con il nome francese Pale-Maille (da cui il nome contaminato in inglese
4
Francois Pierre Aimé Argand fisico di Ginevra (1755-1803).
5
2H2) può essere prodotta anche localmente e, quindi, ebbe largo uso nei paesi, nei villaggi e
nelle aree rurali, dove la rete di distribuzione del gas non arrivava. Può essere prodotta trattando con acqua
il carburo di calcio:
Ca C2 + 2H2O = Ca(OH)2 + C2H2
A livello industriale può essere prodotta secondo il metodo più recente della combustione incompleta del
              
fiamma ha una elevata efficienza luminosa ed emette una luce quasi uguale a quella naturale del sole con
alta resa dei colori.
6
 gas dacqua     ogeno, ossido di carbonio, anidride carbonica ed azoto ottenuta

H2O + C = CO + H2
2 C + (O2 + 4 N2) = 2 CO + 4 N2
dove (O2 + 4 N22 è il cosigas d’aria

7
Il gas luce è una miscela di idrogeno, ossido di carbonio, metano ed idrocarburi vari ottenuta distillando il
litantrace.
19
Pall Mall, oggi famoso viale). Nel 1854 venne completata a Roma la sostituzione delle
lampade ad olio con quelle a gas ad opera della Società Anglo Romana.
In questo periodo entrarono a far parte delle scenografie dei marciapiedi delle
grandi città i caratteristici fanali che avevano la funzione di proteggere la fiamma delle
lampade, ad olio prima e a gas poi, entro involucri in vetro sostenuti alla sommità di
le in ferro ispirate ad una certa grazia floreale o ad una
briosa fantasia geometrica.
La luce della fiamma delle lampade a gas era piuttosto giallognola e risultava di un pallore
spiacevolmente cadaverico sul viso delle persone. Inoltre, il grosso problema non solo
delle lampade a gas ma di tutte le lampade a fiamma libera era il fastidio agli occhi
provocato dal tremolio della luce diffusa a sprazzi con movimenti repentini e casuali di luci
ed ombre. Il camino di vetro di Argand in parte aveva risolto tale problema proteggendo la

8
, con la
sua elevata inerzia termica, lo risolse definitivamente: la incandescenza della reticella non
risente degli istantanei tremolii della fi
La reticella di forma sferica o cilindrica è un tessuto di cotone impregnato da una soluzione
al 90 % di nitrato di torio
9
e 10% di trinitrato di Cerio
10
. Con il calore della fiamma la
soluzione si ossida e diventa incandescente emettendo una luce molto intensa con una
elevata emissione nel visibile. Il supporto di tessuto brucia e scompare alle prime
accensioni lasciando la struttura estremamente fragile agli urti meccanici. Ciononostante,
ad Auer va riconosciuto il merito di aver trovato un materiale molto resistente al calore in
grado di sopportare i ripetuti cicli di accensioni e spegnimenti. La reticella di Auer aumentò
e migliorò la qualità della luce rispetto a quella delle lampade a gas tradizionali ma
irradiava luce alquanto verdastra che, tipica della emissione dei sali usati, dava colorazioni

         immancabile

qualitativo della resa dei colori che fece rimpiangere per un certo periodo la luce tremula
della vecchia candela.
 lampade a reticella incandescente con tessuto di
supporto di rayon (seta artificiale) soprattutto per scopi decorativi o in luoghi di campeggio
o di pernottamento provvisorio come nelle tende o nei campers.
Con la scoperta delle leggi della elettricità le tecniche di illuminazione hanno avuto un
notevole impulso che ha rivoluzionato completamente i modi di produzione della luce fino
ai nostri giorni con una notevole molteplicità delle tipologie delle sorgenti luminose come si
può notare nelle descrizioni riportate con dovizia di particolari nei cataloghi illustrativi delle
ditte produttrici: varie sono le forme e le dimensioni ideate per la giusta integrazione negli
ambienti, varie sono le rese dei colori per la produzione di effetti particolari, varia è la
restituzione dei colori delle superfici illuminate. Le molteplici tipologie di sorgenti luminose
sono però riconducibili ai seguenti meccanismi fondamentali di emissione della luce, in
base ai quali è possibile catalogare tutte le lampade esistenti in: lampade elettriche ad
incandescenza, lampade elettriche a scarica nei gas, lampade a tecnologia LED (Light
Emitting Diode).
8
Carl Auer Barone di Welsbach, 
9
Il Torio deriva il suo nome da Thor, figlio del dio Odino ed a sua volta dio del tuono e del fulmine nella
mitologia scandinava.
10
Il cerio fu scoperto nel 1803 dal chimico svedese Jons Berzelius e dal geologo svedese Wilhelm von
Hisinger ed indipendentemente dal chimico tedesco Martin Klaproth. Il Cerio deriva il suo nome da Ceres
(Cerere, dea della fertilità) in onore al nome dato al più grande degli asteroidi del sistema solare scoperto
due anni prima e precisamente il 1.1.1801 dal sacerdote astronomo Giuseppe Piazza direttore
               
scoperta di questa lega permise ad Auer di commercializzare un nuovo tipo di accendino.
20
Prima di addentrarci nello studio approfondito dei meccanismi fondamentali di
emissione della luce, facciamo delle considerazioni di carattere generale sulle
caratteristiche di una radiazione luminosa e sui parametri fondamentali dei vari tipi di
sorgenti artificiali.
Caratteristiche cromatiche di una radiazione luminosa
Il colore è un attributo della sensazione visiva alla cui determinazione concorrono
fattori soggettivi ed oggettivi.
          
essa associata dipendono dal modo in cui si svolge il meccanismo di emissione e di
ricezione dello stimolo.
ribuzione da parte di un individuo di un determinato colore ad un oggetto (rosso, blu,
verde...) passa attraverso la successione dei seguenti passi:
a) Una sorgente emette un flusso luminoso caratterizzato da una distribuzione il più
delle volte non uniforme delle varie componenti cromatiche: alcune presenti in
modo più o meno intenso, altre addirittura mancanti. Tale distribuzione spettrale
determina oggettivamente il colore dell’energia luminosa in questione e definisce la
sorgente dal punto di vista cromatico.
b) L’eventuale oggetto illuminato restituisce un flusso luminoso riflesso in base alle
sue caratteristiche di riflettività, che sono selettive alle diverse lunghezze donda; le
componenti cromatiche della luce riflessa possono pertanto risultare deformate
rispetto a quelle della luce incidente e determinano oggettivamente il colore della
luce riflessa, cioè le caratteristiche cromatiche dell’oggetto illuminato.
c) L’occhio percepisce lo stimolo cromatico e lo invia al cervello che lo elabora
classificandolo in base al confronto con i dati che ha immagazzinato nel corso della
sua esperienza visiva. In questo modo fattori soggettivi, legati al comportamento
dell’apparato visivo umano, partecipano alla determinazione della sensazione
cromatica ed alla sua classificazione con i termini usuali (blu, verde, giallo, rosso...).
La Colorimetria si propone lo scopo di definire il colore con leggi oggettive che

arduo, vista la complessità del fenomeno in cui concorrono fattori non facilmente
schematizzabili dipendenti dalle capacità visive del ricettore.
La luce emessa da una sorgente, ovvero quella riflessa da un oggetto illuminato,
sono caratterizzate dal punto di vista cromatico da tre attributi cromatici fondamentali:
Tinta o tono, Purezza o saturazione, Intensità o Luminosità.
Tinta o Tono
Il Tono o Tinta del colore di un oggetto illuminato o di una sorgente illuminante è
una caratteristica legata alla distribuzione spettrale dello stimolo luminoso che consente di
classificare il colore stesso come appartenente ad una delle grosse categorie (blu, verde,
giallo, rosso...) in cui è stato suddiviso lo spettro del visibile in funzione della lunghezza
 Generalmente, e questo risulta tanto più vero quanto più la luce considerata è
21

detta lunghezza d’onda dominante dello spettro di emissione, intorno alla quale si
di

dominante, avranno la stessa tinta (es: rosso), ma potranno risultare sensibilmente diverse


sarà più caratterizzata come rosso, viceversa quella che presenta una maggior
          
meno caratterizzata come rosso.

           
dominante risulterà poco caratterizzata dal punto di vista cromatico e sa definita di
colore grigio.
            
esempio quella del rosso), si otterrà un colore identificabile come tinta, la cui lunghezza

I colori dello spettro del visibile, che variano da 380 a 780 nm, vanno da tinte
identificabili come fredde, tipi       
verde) a quelle pcalde (giallo, arancio, rosso) che sono caratterizzate da più elevate

Anche una radiazione luminosa poco definita dal punto di vista cromatico, cioè una luce
bia         
             
abbastanza uniforme nello spettro del visibile. Le varie sorgenti di luce artificiale saranno
allora identificabili come generatrici di luce bianca calda (warm white) o fredda (cold
white).
Purezza o Saturazione
La saturazione o purezza di un colore è legata al rapporto tra il contenuto
energetico di una luce in corrispondenza della lung    

Un colore caratterizzato da una debole saturazione (insaturo) tende al grigio e presenta
una curva spettrale piuttosto uniforme; al contrario un colore saturo presenta una curva


molto puro (saturo) presenta uno spettro a punta intorno alla - dominante, mentre un
colore di purezza meno accentuata presenta una curva più allargata e piatta. Al limite, la

minima corrisponde al grigio.
È possibile pertanto definire la purezza di un colore come quella proprietà che
determina la deviazione del colore rispetto al grigio neutro, quindi la tendenza verso un
colore puro dello spettro (luce monocromatica).
      to più propriamente cromatico della
sensazione, cioè definiscono la sua cromaticità, il grigio è il tipico colore acromatico .
22
Luminosità o Intensità
La luminosità di un colore è il parametro legato al contenuto energetico globale
della luce consider         
emessa, maggiore è la luminosità del colore considerato e maggiore risulterà la chiarezza
con cui questo verrà percepito. Il bianco ha luminosità massima, il nero ha luminosità
nulla, il grigio ha una luminosità intermedia tra quelle del bianco e del nero.
Il bianco, il nero ed il grigio sono colori che non possono essere tra loro distinti dal punto di
vista cromatico per ciò che concerne gli aspetti di tinta e saturazione; sono infatti tutti e tre
          

energia globalmente emessa. Tra il bianco ed il nero esistono diversi livelli di grigio che
vanno da livelli ad elevata luminosità (tendenti al bianco) a livelli a bassa luminosità
(tendenti al nero).
Tra i tre parametri fondamentali che caratterizzano la sensazione cromatica, la
   ivo della stessa, cioè il contenuto energetico della
luce che si sta considerando. Tale contenuto energetico può essere, di volta in volta,

illuminato, ovvero il flusso luminoso nel caso più generale di luce emessa da una
sorgente.
Parametri caratteristici di una lampada
Prima di descrivere i principi di funzionamento che distinguono le grandi famiglie di
lampade e le innovazioni che progressivamente hanno migliorato le loro prestazioni
appare opportuno elencare e definire quei parametri che quantificano le prestazioni
stesse, qualificano le sorgenti luminose e consentono di procedere ad una giusta scelta

La efficienza luminosa (lm W-1), solitamente indicata con la lettera greca , è il
flusso luminoso emesso per ogni unità di potenza elettrica dissipata compresa quella di
alimentazione dei vari accessori elettrici se ci sono. A parità di potenza dissipata
usso luminoso fosse
-1), quindi
1 W produrrebbe 683 lm, se invece 1 W fosse uniformemente distribuito in tutto il campo
visibile, tenendo conto della caratteristica della sensibil    
efficienza luminosa di 225 (lm W-1     
particolarmente utile nelle valutazioni di natura economica relative ai costi di esercizio
degli impianti in quanto il suo inverso è un indice di consumo. Con semplici algoritmi


fanno pagare proprio in base ai 

)MJ(6,3s
s
J
360010h1kW1kWh1 3
kWh28,0MJ1
23
Esempio: Un ambiente richiede un flusso luminoso di 60 klm per lo svolgimento di una certa attività
lavorativa ed il progettista sceglie un tipo di lampada avente efficienza luminosa di 30 (lm W-1). La potenza
elettrica Pel 
kW2)W(102
lm
W
lm
30
1060
P3
3
el
 elettrica consumata è:
)kWh(2)MJ(2,7)J(106,3102s
s
J
3600PE 33
elel
La temperatura di colore Tc (K) è la temperatura di un radiatore ideale o corpo
nero che, nella regione del visibile, ha una distribuzione spettrale uguale o circa uguale a
quella della sorgente: la temperatura di colore coincide con quella della sorgente solo per
il radiatore ideale. A rigore la definizione della temperatura di colore è valida soltanto per
le lampade ad incandescenza per le quali esiste una emissione spettrale continua, mentre
per le lampade a scarica nei gas, per le quali lo spettro di emissione si presenta
discontinuo, è preferibile parlare di temperatura prossimale o approssimata o correlata di
colore. La temperatura di colore è una misura della cromaticità o colore apparente della
sorgente.
Più è bassa la temperatura di colore più la luce presenta connotati rossastri (caldi), più è
elevata maggiore è la componente blu (fredda).
Secondo la norma UNI 10380 del 1994 (Illuminotecnica, Illuminazione di interni
con luce artificiale) le lampade a luce bianca sono classificate in tre gruppi fondamentali
rispetto alla temperatura di colore contrassegnati dalle iniziali di aggettivi inglesi che
qualificano la tonalità del colore e precisamente:
temperatura di colore minore di 3000 K: colore della luce indicata dalla lettera W (Warm
= bianco caldo): luce ricca di radiazioni rosse particolarmente adatta nelle abitazioni, nei
luoghi di soggiorno e svago etc.;
temperatura di colore tra 3000 e 5300 K: colore della luce indicata dalla lettera I
(Intermediate = bianco-neutro): luce particolarmente adatta in molti ambienti di lavoro;
temperatura di colore maggiore di 5300 K: colore della luce indicata dalla lettera C
(Cold = bianco freddo): luce ricca di radiazioni blu adatta ove sono richiesti
illuminamenti molto elevati come nelle vetrine, laboratori, studi professionali di
disegnatori, etc.
Le norme, sia nazionali che internazionali, prescrivono le tonalità della luce e, quindi,
consigliano le temperature di colore convenienti per i vari tipi di locale da illuminare e per i
vari compiti visivi o attività da svolgere. In Tabella 1 vengono riportati alcuni valori di
riferimento delle temperature di colore di vari tipi di sorgenti.
Tabella 2 Valori indicativi delle temperature di colore delle diverse sorgenti
Sorgente
Temperatura di colore (K)
Fiamma di candela
1900
Sole a mezzogiorno
6500
Sole al tramonto
2500-3000
Lampada ad incandescenza
2500-3000
24
Lampada fluorescente di
vecchia generazione
2700-3000
Luce diurna cielo sereno
4500-5500
  

4000-6000
luce diurna con cielo nuvoloso
6000-8000
La vita media di una lampada (h) è il tempo stimato, in ore, della durata prevista
della lampada stessa prima della sua rottura definitiva (burn out). Questo tempo viene
determinato considerando il valore medio dei tempi di durata di un campione significativo
ed omogeneo, opportunamente selezionato, di lampade dello stesso tipo. In alternativa
esso può anche essere stimato, sempre in riferimento ad un campione statisticamente
valido, come il tempo di funzionamento superato dal 50% delle lampade testate oppure il
tempo che intercorre prima che un parametro importante, come ad esempio la resa
cromatica o la efficienza luminosa, scenda al di sotto di una certa soglia prestabilita: ad
esempio, il lasso di tempo necessario affinché il flusso luminoso diminuisca del 20%.

per la quantificazione della scorta di lampade che garantisca la continuità di

numero di accensioni: durante il test di prova passano alcune ore tra due accensioni
consecutive a differenza di quanto avviene comunemente.
La resa dei colori o resa cromatica è un numero minore o uguale a 100 che, in una
scala codificata dalla C.I.E., quantifica la fedeltà con cui sono resi i diversi colori delle
superfici illuminate dalla sorgente in esame.
La resa del colore di una superficie rivestita con colori di riferimento, selezionati dalla
C.I.E., ed illuminata da una sorgente di riferimento C.I.E. assume un valore
convenzionalmente pari a 100. La stessa superficie con colori di riferimento C.I.E.
illuminata dalla sorgente reale restituisce i colori con una fedeltà uguale o minore a quella
precedente. Un valore vicino a 100 di tale parametro esprime una elevata fedeltà della
sorgente considerata, mentre questa diminuisce al diminuire del valore assunto.
Una resa cromatica pari a 100 è attribuibile alla luce naturale del sole, che ha una
distribuzione spettrale quasi del tutto uniforme e produce, di conseguenza, una luce
bianca.
La sorgente di riferimento, da considerarsi standard in Colorimetria per la sua tipica
distribuzione spettrale, è descritta in “IES Lighting Handbook, 1981 Reference Volume”.
Riproduzioni di sorgenti campione sono custodite presso i vari centri di taratura nazionale.
inati,
ma esprime soprattutto una qualità caratteristica della luce che li illumina. Una resa
cromatica pari o prossima a 100 è ottima, mentre è da considerarsi scadente quando
risulta minore o uguale a 50.
Non è assolutamente detto che la resa cromatica debba sempre e comunque essere la più
alta possibile in quanto questa è una esigenza legata al compito visivo da svolgere: per un
ambiente di soggiorno una resa prossima a 100 è ritenuta molto buona, mentre, ad
esempio, per un impianto di segnalazione notturna di un percorso lungo un corridoio,
evidenziazione di scalini, soglie, uscite di sicurezza, è altrettanto buona una resa
cromatica prossima allo zero. Nella illuminazione artificiale delle abitazioni le sorgenti
dovrebbero avere una resa cromatica non inferiore al 95%.
Di solito sorgenti aventi alte rese cromatiche hanno bassa efficienza luminosa.
25
La Norma UNI 10380 del 1994 elenca 5 gruppi di resa del colore (GRa) da selezionare in
funzione del tipo di attività o del tipo di ambiente ed il corrispondente indice di resa
cromatica (Ra) che qualifica il tipo di lampada come riportato nella Tabella 3.
Tabella 3 Gruppi di resa del colore e resa del colore.
Gruppo di resa del colore
(GRa)
Resa del colore
(Ra)
1
Ra > 90
1B
8Ra
2
Ra < 80
3
Ra < 60
4
Ra< 40
Il tempo di ritardo per la riaccensione non ha bisogno di definizione tanto è ovvio il
significato. Tale caratteristica può essere una limitazione talvolta insignificante per chi ha
tempo di aspettare, anche una decina di minuti, ma pessere fortemente limitativa nei
locali di lavoro utilizzati spesso ma saltuariamente, nei locali di esposizione della merce

Il numero di riaccensioni per alcuni tipi di lampade, come ad esempio quelle a scarica, è

in gioco differenze di potenziale molto elevate, ben maggiori di quelle a regime, che a
lungo andare affaticano i materiali. Inoltre i tempi di riaccensione vanno distinti a seconda
che la riaccensione avvenga con lampade calde o ancora fredde.
Gli impianti di illuminazione non devono affidarsi esclusivamente a lampade con tempi di
riaccensione lunghi poiché il verificarsi di emergenze, quali le interruzioni soprattutto
        
         er alcuni
minuti. Di qui talora la necessità di disporre di impianti di alimentazione stabilizzata e di
emergenza.
Il tempo di andata a regime che può arrivare anche ad una decina di minuti.
La posizione di montaggio: per molti tipi di lampade non ci sono limiti, ma in alcuni
           
orizzontalmente con tolleranze molto strette da non disattendere se si vuole salvaguardare
il funzionamento e la vita stessa della lampada.
Le sorgenti luminose si distinguono anche per le dimensioni e per la forma
(lineare, circolare, a goccia, a pera, a torcia, a tortiglione, a fungo, a candela, ritorta ad U
etc.), per il tipo di collegamento alla rete di alimentazione (diretto o tramite circuito
accessorio di adattamento composto da starter, reattore e rifasatore), per eventuali effetti
              
Edison, a baionetta, attacco unilaterale o bilaterale, etc.).
26
Sorgenti ad incandescenza
             
assoluto pari a -273,15 °C) emette radiazioni elettromagnetiche la cui distribuzione
spettrale dipende dal valore assunto dalla suddetta temperatura. Ordinariamente
- > 780 nm), cioè quel tipo
di radiazioni la cui energia è esclusivamente termica ed il cui effetto principale è quello di
trasportare calore. La superficie di un corpo scaldante (es. radiatore) è il tipico esempio di
sistema in grado di riscaldare per emissione di radiazioni IR. Quando la temperatura
superficiale di un corpo supera determinati valori (600-800 °C), lo spettro di emissione
            
nm. In tale range, il corpo diventa incandescente ed inizia
          
fenomeno fisico che si verifica quando un corpo, presentando una temperatura
superficiale molto elevata, emette radiazioni visibili.
Il comportamento delle sorgenti ad incandescenza è descritto dalle ben note leggi
dell'irraggiamento: la legge di Stefan- Boltzmann. la legge di Planck, la legge di Wien e la
legge di Lambert. Per le leggi di Planck e di Wien la curva di emissione si sposta verso

temperature di emissione più elevate si aumenta la percentuale di potenza emessa nel
visibile e si ottiene luce sempre più bianca, risultato questo di una diversa distribuzione

          
basse. Per temperature maggiori di 600 °C porzioni sempre più importanti dello spettro di

cioè, tra 380 e 780 nm.
 
del visi 

            e le

(acromatica) quanto più uniforme è la distribuzione spettrale.
Le lampade ad incandescenza sfruttano questo fenomeno per produrre luce. In
 viene provocata nel filamento dal calore generato per effetto Joule.

            
maggiore quanto maggiore è la resistenza elettrica del filamento che, come è noto, è
inversamente proporzionale al diametro della sezione e direttamente proporzionale alla
sua lunghezza. Il calore così generato provoca il surriscaldamento del filo sino alle
te           
radiazioni elettromagnetiche interne allo spettro del visibile, per effetto della sola
temperatura superficiale della sorgente. Per ottenere il fenomeno della incandescenza il
materiale di cui è fatto il filo deve avere una temperatura di fusione superiore a 600 °C,
come si è già detto. Materiali che fondono a temperature più basse di 600 °C, come ad
esempio lo stagno, che ha una temperatura di fusione di 280 °C, passano dallo stato

Il problema fondamentale che gli scienziati, nel corso della storia, hanno dovuto risolvere
per realizzare questo tipo di sorgenti è consistito nella individuazione di un materiale in
grado di rimanere allo stato solido ai suddetti regimi termici, considerato che alle
27
          
passano dallo stato solido a quello liquido.
La lampada ad incandescenza non fu la prima lampada elettrica apparsa sul
mercato perché alla sua comparsa erano già di largo impiego le lampade ad arco che
utilizzavano la scarica tra due elettrodi di carbone di storta con temperature di emissione
di 4000 K, tra le più elevate per sorgenti luminose artificiali.
Le lampade ad arco, che hanno il grande pregio di possedere elevate intensità luminose,
avevano in passato trovato applicazione prevalentemente nella illuminazione stradale
rivelando una elevata efficienza e, soprattutto, una gradevole tonalità di colore quasi come
la luce naturale del sole. La resa dei colori era elevata e congeniale soprattutto al colorito
naturale dei visi ed ai colori dei materiali lapidei dei monumenti storici. Per questo motivo,
nella città di Londra, esse venivano impiegate prevalentemente nella illuminazione delle
vie e delle piazze del centro storico. Attualmente le lampade ad arco sono usate
prevalentemente per le proiezioni cinematografiche, per la saldatura dei metalli, nella
fusione dei materiali refrattari e nei forni elettrici.
Le lampade ad arco sono costituite da due elettrodi di carbone collegati ad un generatore
di corrente elettrica con elevata potenza. Inizialmente gli elettrodi sono posti in contatto
per consentire il passaggio di corrente elettrica che provocava un intensissimo
riscaldamento in grado di rendere incandescenti le punte per effetto Joule. Avviato il
processo le punte vengono allontanate di qualche millimetro mentre il passaggio di
corrente elettrica nello spazio tra le punte continua. L
               
bombardano gli elettrodi di segno opposto provocando a loro volta altre emissioni. Durante

            
raggiungendo la temperatura di circa 4000 K e si incava assumendo una caratteristica
configurazione detta a cratere
di Ampere con differenze di potenziale di soli 40-   
soprattutto del carboncino positivo (anodo), è un inconveniente molto fastidioso nella
conduzione e nella gestione di un impianto di illuminazione in quanto richiede frequenti
interventi di personale competente e specializzato o, alternativa più complicata ma più
           
due carboncini e li sostituiscano una volta consumati del tutto.
La lampada elettrica ad incandescenza non fu neppure la sola lampada ad
incandescenza essendo dello stesso periodo la commercializzazione delle lampade a gas
con la reticella di Auer.
I primi a lavorare alla costruzione di una lampada elettrica ad incandescenza
  
11
  
12
   
effettuarono esperimenti con fili di vari materiali fino a concentrarsi sulla soluzione di
adottare dei fili di supporto di carta (la carta brucia a 233 °C) o di cotone (il cotone brucia a
266 °C) rivestiti di carbonio.
Nel 1860 Swan per primo fece funzionare una lampada sotto vuoto con filo di carta
ezza del vuoto raggiunto.
Infine, però, nel 1879 ad Edison
13
soltanto spettò il merito, forse ingiustamente perché
andava condiviso, della costruzione della prima lampada con filo a base di carbonio con
ù di 1 (lm W-1) e la vita intorno alle 45 h.
11
Sir Joseph Wilson Swan nato a Sutherland il 31.10.1828 e morto il 27.5. 1914 a Warlington.
12

13
La prima lampada elettrica ad incandescenza fu presentata da Edison in una dimostrazione pubblica a
Menlo Park (New Jersey). Sul luogo venne eretta una torre alta 40 m (Edison Memorial Tower) che
custodisce una lampada con un bulbo alto circa 4 m e largo circa 3 m.
28
Fu, inoltre, lo stesso Edison a dare avvio a quella massiccia commercializzazione delle
lampade che progressivamente portò alla completa sostituzione delle vecchie lampade a
gas sia nella illuminazione pubblica che in quella privata.
Edison, che, a differenza di Swan, era mosso principalmente da interessi di
          
       energia nel territorio:

incandescenza da sempre hanno presentato una estrema facilità di collegamento alla rete
distributrice. Edison, inoltre, non tralasciò di interessarsi anche alla ideazione di particolari
tecnologici quali il miglioramento delle dinamo usate come generatori di corrente elettrica,

ancora porta il suo nome) e fu il primo ad adottare il metodo, oggi si direbbe ovvio, del
collegamento in parallelo di più lampade dello stesso impianto in modo da evitare che la
rottura di una le spenga tutte. Edison progettò una centrale per la generazione e la
distribu
Le prime lampade elettriche ad incandescenza di Swan e di Edison avevano
dunque un filamento di un materiale trattato con carbonio racchiuso in un bulbo sotto
vuoto. La quasi assenza di aria e, quindi, di ossigeno preservava il filo dalla ossidazione e
dalla combustione ma lasciava incontrollato il lento ma inesorabile processo della
sublimazione.
Nel 1898 Auer (lo stesso della reticella) cominciò ad usare per primo un filo metallico
scegliend            
commercialmente e molto difficile da lavorare. Auer, comunque, aprì la strada che migliore
fortuna portò ad Edison con il tungsteno
14
.
Nel 1904 Edison presentò per la prima volta una lampada con filamento di osmio e
wolframio (altro nome del tungsteno) denominata lampada osram (osmium e wolfram) con
temperature di incandescenza di circa 2000 °C.
Ad Edison, quindi, spetta anche il merito di aver usato per primo il tungsteno, più robusto
dei materiali al carbonio e con temperatura di fusione di 3650 K e per il quale nel 1910 fu
trovata una tecnica complessa ma efficace di trafilatura. Il filo di tungsteno è prodotto
partendo da lamine formate da polvere di tungsteno pressata a circa 1000 atm, riscaldate
fino a 3000 °C in atmosfera di idrogeno, martellate e trafilate in due filiere successive: la
prima produce fili del diametro di 0.2 mm mentre la seconda perfeziona la trafilatura
arrivando a diametri di 10-2 mm. Oggi i filamenti delle lampade non sono solo diritti ma si
presentano anche avvolti in spirali talora complesse che hanno aumentato la vita media e

Il metodo di indagine sperimentale che portò Edison alla scelta del tungsteno fu lungo e
laborioso, prevedendo circa 6000 tentativi con diversi materiali, a cominciare da fili di
carta, cotone, cellulosa etc. fino poi ad arrivare ai fili metallici. Commentando questa
procedura di indagine il grande fisico croato Nikola Tesla, già collaboratore di Edison,
parlneedle-in-the-haystackago nel pagliaio).
Attualmente si usano leghe di tungsteno e di altri metalli come il renio
15
.
Le caratteristiche che rendono un materiale idoneo ad essere utilizzato come
filamento sono: elevata temperatura di fusione, bassa tensione di vapore, elevata
          
visibile.
14
Il tungsteno o wolframio (W) fu scoperto nel 1783 dai due fratelli chimici spagnoli Fausto e Juan José de
Elhuyar. Deriva il suo nome dallo svedese tung (pesante) e sten (pietra).
15

comiugi tedeschi Walter Noddack e Ida Tacke, e da Otto Carl Berg. Deriva il suo nome da Rhenus, nome
latino del fiume tedesco.
29

-< 780 nm; T = 3000 K) 0,45
e che, rispetto a tutta la potenza irradiata, la percentuale compresa nel visibile per il
tungsteno è maggiore addirittura di quella del corpo nero alla stessa temperatura: il
tungsteno, rispetto ad altri metalli, presenta una migliore efficienza luminosa, anche se poi
le lampade ad incandescenza, rispetto alle altre lampade elettriche, hanno i valori più
bassi di tale parametro, ed irradia minore quantità di energia termica in quanto, tra tutti i
metalli candidati a            
degli infrarossi.
             
temperatura e che maggiore è la tensione minore, ovviamente, è la vita media.
Molto più evidente nelle lampade con fili al carbonio ma ancora presente nelle
lampade con il tungsteno è il fenomeno della sublimazione aggravato sia dalle alte
temperature, per una lampada ad incandescenza di 200 W la temperatura indicativa è di
2620 °C, che        
     
del vapore di tungsteno: la temperatura del bulbo di solito per lampade normali non supera
i 160-170 °C mentre in lampade per speciali applicazioni si arriva anche a 470 °C.
Un rallentamento del fenomeno della sublimazione può essere ottenuto mediante il
ata
energia di ionizzazione, normalmente costituita da argon, azoto, miscele di argon ed azoto
o, infine, kripton che, visti i costi, viene usato solo in lampade speciali e soprattutto in
quelle miniaturizzate. Il rallentamento è tanto più evidente quanto maggiore è la pressione
e quanto maggiore è la massa molecolare del gas impiegato. La pressione a freddo è di
qualche decina di (mm Hg) ed a caldo si approssima alla pressione atmosferica.
La presenza del gas consente di lavorare con temperature più elevate con emissione di

gassosa rallenta la sublimazione ma aumenta la dispersione termica per convezione ed
irraggiamento.
 
normalmente alcune specie di clorati, che si combinano con il tungsteno sublimato dando
composti di reazione stabili gassosi e trasparenti. Sono usati anche i cosiddetti getters i
cui vapori caldi si combinano con il tungsteno sublimato formando un minuscolo
particolato solido. Il getter, in realtà, è un materiale usato nei processi di produzione del
vuoto spinto per eliminare i gas residui e, così, per migliorare il grado di vuoto oltre la
potenzialità della pompa. Il getter è una striscia metallica formata generalmente da un
metallo volatile quale il magnesio, il sodio, il bario, il calcio o il fosforo, inserita
preliminarmente nel tubo da vuotare. Raggiunto il vuoto consentito dalla pompa e sigillato
il tubo, il getter viene riscaldato fino a circa 700 °C per induzione elettromagnetica
mediante un avvolgimento. I vapori metallici si combinano con i gas residui e,
raffreddandosi, solidificano depositandosi sul fondo.
Le lampade ad incandescenza con potenza minore di 25 W lavorano in condizioni di vuoto
spinto fino ad una pressione interna di circa 10 Pa.
Tra le conseguenze, tutte nefaste e tra loro interdipendenti, della sublimazione sono da
        la resistenza
elettrica, la diminuzione della corrente elettrica, la riduzione della potenza elettrica, la
riduzione del flusso luminoso. Si stima che il filo cessa di funzionare quando ha perso

30
Il gas inerte di riempimento, oltre allo scopo già illustrato, ha anche quello di impedire la
scarica ad arco tra gli elettrodi di alimentazione del filo e quello di formare un guscio
cilindrico quasi stazionario che aumenta la resistenza termica e, quindi, diminuisce la
dissipazione, per convezione, del calore prodotto per effetto Joule, garantendo un migliore
utilizzo della potenza elettrica impiegata.
La situazione è del tutto simile a quella classica della geometria cilindrica (il filamento) con
generazione interna di calore con strato di isolante (la guaina di gas inerte stazionario
adiacente al filo).
              
generazione interna di calore la resistenza termica totale, somma della resistenza
conduttiva e di quella convettiva, aumenta con il raggio, quando questo è maggiore del
raggio critico.
Per disporre di diametri maggiori e superare il limite del ridotto diametro del filamento,
piralatura
16
che
dapprima fu semplice e successivamente divenne doppia. La doppia spiralatura ha,
inoltre, il vantaggio di ridurre il flusso termico dissipato: allo scambio per convezione
partecipa soltanto la parte periferica della superficie della spiralatura esterna in quanto la
regione più interna è tutta quasi alla stessa temperatura mentre rimane estesa la
superficie emittente la luce. Fino al 1913 tutte le lampade elettriche ad incandescenza
avevano il filamento diritto (oggi le avremmo classificate di tipo S, che sta per straight).
Inoltre, sempre per quanto attiene il migliore utilizzo della potenza elettrica impiegata, tra
               
raccomandati per la sua bassa conduttività termica. A questo proposito migliore sarebbe il
kripton che ha un coefficiente di conduttività termica ancora più basso, ma è sicuramente
più raro e, quindi, più costoso: questo gas trova impiego soltanto in alcuni tipi di lampade
di piccole dimensioni.
Tabella 4: Valori della conduttività termica
-
(mW m-1 K-1) di alcuni gas impiegati per il riempimento di
sorgenti luminose.
Sostanza
gassosa
Massa
mol.
- (300 K)
-(500 K)
Elio
4.0026
150
200
Idrogeno
2.0158
182
272
Ossigeno
31.9988
26.7
41.2
Azoto
28.0134
22.2
38.7
aria
28.966
25.2
38.5
argon
39.948
17.7
26.4
La spiralatura semplice, ed in seguito quella doppia, resero più robuste le lampade
elettriche ad incandescenza rendendole particolarmente adatte ad installazioni soggette
             
conseguenza una più bassa temperatura del colore. I costruttori convennero di orientarsi
verso la soluzione di compromesso, ancora in uso per le lampade ad incandescenza in
commercio attualmente, tra una vita media intorno alle 1000 ore, ritenendo tale valore
accettabile per i compratori dato anche il costo estremamente contenuto, ed una qualità
della luce eccellente, anche se più giallastra rispetto a quella naturale del sole,
sicuramente migliore, però, di quella delle sorgenti luminose precedenti, quali le lampade
a gas e le candele.
16
La spiralatura fu adottata per primo da Irving Langmuir (1881-1957) premio Nobel per la chimica nel 1932.
31
Le prestazioni delle lampade ad incandescenza risentono molto delle variazioni della
tensione di alimentazione e sono tra loro fortemente correlate. Correlazioni che con buona
        
funzionamento di una lampada sono reperibili nella letteratura tecnica e tra queste le
seguenti:
V
V
00
5.3
V
V
I
I
00
5.0
V
V
P
P
00
5.1
V
V
D
D
00
5.13
V
V
0
0
9.1
V
V
T
T
co
c
0
42.0
avendo indicato con 0, I0, P0, D0, 0, Tco rispettivamente il flusso luminoso emesso, la
  
colore quando la tensione di alimentazione è quella nominale V0 e analogamente con  I,
P, D, , Tc le stesse grandezze in condizioni di funzionamento effettivo con la tensione V.
Informazioni più precise possono essere fornite dai costruttori a seconda del tipo di
lampada.
Le correlazioni precedenti sono utili soprattutto in quei siti ad elevata concentrazione di
industrie e complessi commerciali che producono notevole assorbimento di potenza
elettrica durante le ore di attività con conseguenti forti abbassamenti della tensione di rete.
Nelle ore di chiusura degli impianti sia di produzione che di illuminazione nei grandi
complessi si hanno nella rete sbalzi verso valori più elevati della tensione. Gli impianti di
illuminazione vanno progettati a discrezione e a responsabilità del progettista ma è
opportuno scegliere in modo oculato il valore della tensione di alimentazione a seconda

10%. Si
noti che, ad esempio, una diminuzione del 5% della tensione di alimentazione raddoppia la
vita media, mentre un aumento del 5% diminuisce la vita media al 30% circa.
Tabella 5 Effetti delle variazioni massime della tensione di rete (Vo = 220 V) sui parametri caratteristici
delle sorgenti ad incandescenza
Sottotensione del 10%
V = 0.9 Vo= 198 V
Sovratensione del 10%
V = 1.1 Vo = 242 V

0.69
1.40
I/Io
0.95
1.05
P/Po
0.85
1.15
D/Do
4.15
0.28

0.82
1.20
Tc/Tco
0.96
1.04
Caratteristiche delle lampade ad incandescenza
32
       -1), è la più bassa tra le lampade
elettriche. Valori bassi di efficienza comportano consumi energetici p elevati, non

La temperatura di colore delle lampade ad incandescenza normali è di circa 2500-3000
K.
La resa cromatica è compresa tra 80 e 100, molto vicina a 100 per molti tipi di lampade.
Il fattore di decadimento
17

I tempi di accensione e di riaccensione sono nulli.
Le potenze elettriche vanno da 15 W a 1000 W
18
.
I costi sono contenuti.
Classificazione delle lampade ad incandescenza
Le lampade ad incandescenza possono essere classificate a seconda del tipo di

I vari tipi di filamento delle lampade ad incandescenza sono indicati con le seguenti sigle:
S Straight (diritto, cioè, non spiralizzato);
C Coiled (spiralizzato);
CC Coiled Coil (doppiamente spiralizzato).
Il filamento talvolta si presenta come una poligonale aperta costituita da tre o più lati per
assicurare una migliore ripartizione del flusso luminoso nelle diverse direzioni.
Il bulbo delle lampade è contrassegnato da una lettera ed un numero. La lettera classifica
la forma, che può essere a goccia, sferica, a candela, a tortiglione, a faretto, etc.
Il numero rapprese
Ad esempio il bulbo A-48 è una lampada di forma normale con il diametro del bulbo pari a:
cm24,15mm4,15218,348
.
Le lampade ad incandescenza attualmente in commercio si dividono in:
Lampade GLS (General Lighting Service): sono le più comuni negli ambienti domestici
e non solo, le più semplici, sono di facile impiego ed a basso costo. Il filamento spiralato
è in tungsteno, mentre il bulbo, in vetro tenero al piombo, a forma sferica, può essere
chiaro, parzialmente satinato oppure con la superficie interna resa scabra per
corrosione da acidi o rivestita da deposito opalescente: generalmente i vetri opacizzati,
liamento. La
loro curva fotometrica non presenta evidenti asimmetrie e deformazioni se non nella

ri etc. e possono

nel semispazio desiderato.
Lampade Reflector: il bulbo presenta una porzione a forma paraboloidale od ellissoidale
trattata in superficie internamente mediante il deposito per precipitazione, pochi grammi
17
In realtà sarebbe più logico indicare per il fattore di decadimento il suo complemento a 100.
18
Le potenze normalizzate, espresse in watt, per le lampade ad incandescenza sono: 15, 25, 40, 60, 75,
100, 150, 200, 300, 500, 1000.
33
per metro quadro, di argento o di cromo o di alluminio. Lo specchio viene depositato
    
corrosione. Il filamento è generalmente molto compatto e può essere utilmente

opportune, fasci convogliati stretti (spot) o fasci larghi (flood).
Le lampade Reflector a loro volta sono di due tipi:
Lampade con bulbo PAR (Parabolic Aluminized Reflector) costruite per assemblaggio
sotto pressione di due elementi in vetro: la parte riflettente lavorata a specchio a forma
di coppa e la chiusura superiore in vetro trasparente. Le lampade con bulbo PAR sono
molto robuste e sono particolarmente adatte per applicazioni esterne.
Lampade in vetro soffiato note come lampade con bulbo R      
denominato Blown-Bulb Reflector, che presentano la superficie a specchio sulla calotta
su
con ottiche che permettano una buona diffusione della luce riflessa.
             
manicotto etc.
co Edison, che è un attacco a vite, può essere normale indicato dalla sigla E-27,
            
mignon) E-14 o maggiorato E40.

Lampade alogene
Le lampade ad incandescenza non ebbero ulteriori sostanziali miglioramenti sino
alla comparsa, negli anni intorno al 1960, delle lampade alogene, evoluzione di quelle ad
         ole quantità di
iodio o di bromo. Per questo sono dette anche lampade Iodine (nome inglese dello Iodio) o
a ciclo rigenerativo allo iodio e lampade bromine (nome inglese del Bromo) o a ciclo
rigenerativo al bromo.
Il principio di funzionamento, nella fase di emissione della luce, è esattamente lo stesso di
quello delle normali lampade ad incandescenza. La modifica sostanziale che produce un
        
bulbo dello iodio che con il tungsteno sublimato da origine alla seguente reazione
reversibile:
2
WII2W
o reazioni analoghe con altri alogeni come con il bromo:
2
WBrBr2W
Nel ciclo rigenerativo allo iodio il prodotto della reazione, lo ioduro di tungsteno così come
il bromuro di tungsteno nel ciclo rigenerativo al bromo, perfettamente trasparenti alla luce,
sono stabili a temperature minori di circa 1400 °C. La stabilità del prodotto evita il deposito
di tungsteno sul bulbo di vetro dove la temperatura è minore di 200 °C. Nei pressi del
filamento si instaurano temperature molto più elevate alle quali gli ioduri di tungsteno
34
           
temperature superiori a 1400 °C facilita pertanto il deposito del tungsteno sulla superficie

 bounty-hunter sempre in
giro alla caccia di evasi da catturare e da riportare indietro, verrebbe da dire al fresco ma
viste le temperature!
Il ciclo rigenerativo aumenta la resistenza meccanica del filamento consentendo un
significativo incremento della vita media e della temperatura di esercizio. A temperature
più elevate si produce una luce più bianca poiché la curva di emissione del tungsteno,
              
          
         
potenza radiante globalmente emessa con una conseguente maggiore efficienza luminosa
della lampada.
o, della elevata temperatura e della
elevata pressione il vetro non è adatto e viene sostituito dal vetro boro silicato, detto
impropriamente quarzo, che resiste a temperature fino a 1300 K.
Il bulbo delle lampade alogene praggiungere temperature attorn
pressione interna impone geometrie di dimensioni contenute e ciò rende le lampade
alogene particolarmente consigliabili per quelle applicazioni che richiedono sorgenti
luminose concentrate. La notevole compattezza di queste lampade ben si coniuga con
ottiche particolari che emettono fasci luminosi molto concentrati senza apprezzabili
dispersioni, da dirigere con precisione dove la luce è maggiormente richiesta, come nelle
applicazioni automobilistiche, nelle proiezioni cinematografiche e nelle rappresentazioni

             
schermatura con un secondo involucro in vetro pyrex o in metacrilato per la protezione
degli utenti da possibili esplosioni accompagnate dal lancio di schegge roventi. La
protezione serve anche per evitare che si tocchi con le mani il bulbo principale lasciando
pellicole di sudore e che insetti inavveduti e spericolati vadano a farsi rosolare sul quarzo
rovente: sudore delle mani ed insetti che si arrostiscono provocano la dequarzificazione
del bulbo rendendolo non più idoneo a resistere alle normali temperature di esercizio e,
quindi, ne sanciscono la rottura.
Caratteristiche delle lampade alogene:
La vita media delle lampade alogene è attorno alle 2000 ore.
   -27 lm/W, non è un valore straordinario ma risulta essere più
costante nel tempo rispetto alle normali lampade ad incandescenza.
La temperatura di colore è di circa 4500 K.
La resa cromatica è compresa tra 80 e 100.
Il decadimento del flusso luminoso è del 94%.
I tempi di accensione e riaccensione sono nulli.
Molto spesso le lampade alogene sono corredate di un dimmer, regolatore
continuo del flusso luminoso, che personalizza il loro impiego adattandolo alle diverse
          
potenza elettrica dissipata e, quindi, mediante la temperatura di funzionamento della
lampada: da osservare però che alle basse temperature la luce emessa ha una tonalità
          

35
Anche le lampade alogene, come quelle ad incandescenza Par o R, possono essere
corredate di un riflettore a specchio interno ottenuto per doratura o argentatura o con
allumino anodizzato. Inoltre, in alternativa a questi tipi, si hanno anche lampade alogene
dicroiche (s, dìcroos, di due colori) chiamate anche lampade fredde. Il nome è
giustificato dal fatto che una porzione del bulbo di vetro è trattata in modo da presentare
         
come un filtro che divide il fascio luminoso in due.

              
superficie trattata posteriormente consentono una emissione di luce a basso contenuto
termico, avendone disperso una gran parte lungo direzioni non importanti per la zona dove
si svolge il compito visivo, prestandosi particolarmente per quelle applicazioni di
rchitettonici che possono deteriorarsi con
il calore: per questo le lampade dicroiche sono chiamate talvolta anche lampade alogene
a luce fredda. Dal momento che le bande che possono essere trasmesse sono
selezionabili, le lampade dicroiche possono fornire anche luce colorata adatta per
particolari prestazioni e compiti visivi. La colorazione della luce può essere ottenuta più
semplicemente con il vetro colorato caricando, durante il processo di formazione, la massa
colloidale del vetro con specifici composti metallici:
ossido di ferro blu-verde
ossido ramoso rosso-viola
ossido ramico blu-verde
ossido di cobalto blu intenso
oro e stagno dal rosa al porpora
selenio e cadmio dal rosso al giallo arancio
cobalto, selenio, ferro colore bronzo
cobalto, selenio, ferro, cromo grigio.
Gli attacchi delle lampade alogene possono essere del tipo Edison, a baionetta
unilaterale e a baionetta bilaterale.
Lampade alogene a bassa tensione
Oltre alle normali lampade alimentate a 220 V sono in commercio anche lampade
alogene di dimensioni molto ridotte, che possono essere montate su apparecchi molto
compatti, con tensioni di funzionamento di 6 V, 12 V e 24 V alimentate da rete tramite
trasformatore.
Allo scopo di approntare un confronto indicativo tra il comportamento di una lampada a
bassa tensione di temperatura Tx, di area superficiale del filamento Ax ed una alimentata a
220 V avente temperatura To ed area Ao, si supponga, come caso particolare, che le due
lampade, costituite da filamenti dello stesso materiale, emettano flussi luminosi specifici,
   

temperatura (Tx = To           
vede facilmente che sono uguali anche le superfici emittenti (Ax = Ao).
Dalla uguaglianza delle aree superficiali si ha:
d
d
l
l
x
o
o
x
dove lx e lo sono le lunghezze e dx e do sono i diametri dei due fili.
36
Alle ipotesi restrittive di uguaglianza degli spettri di emissione e dei flussi luminosi si
         
alimentazione delle due lampade, supponendo almeno inizialmente la stessa efficienza
luminosa:
lo
lx
dx
do
dx
do
l
l
R
R
Vo
Vx3
32
o
x
o
x
2
dalla quale:
Vx
Vo
dd 3
2
ox
Vx
Vo
ll 3
2
ox
dove Vx e Vo(220 V) sono le differenze di potenziale mentre Rx e Ro sono le resistenze
elettriche dei due fili.
Tabella 6 Rapporti tra diametri e lunghezze dei fili per diversi valori della tensione.
6 V
12 V
24 V
dx/do
11.04
6.95
4.38
lx/lo
0.09
0.14
0.23
A mano a mano che si diminuisce la tensione di alimentazione Vx la lunghezza del filo
diminuisce, mentre il diametro aumenta secondo i rapporti riportati in tabella lasciando
inalterata la qualità della luce.
Queste considerazioni, ricavate per casi particolari riguardanti la parità dei risultati,
evidenziano una tendenza e segnalano chiaramente un possibile criterio di intervento nel
verso di una miniaturizzazione del filo. Fili più corti e di diametro più grosso consentono
anche una miniaturizzazione della lampada e di tutto il sistema ottico ottenendo fasci
luminosi più concentrati e più facilmente orientabili. Quando si elencano i vantaggi della
miniaturizzazione delle sorgenti e delle lampade luminose occorre anche mettere nel
conto i valori delle luminanze in gioco, perché potrebbe presentarsi il problema
o di cui si tratterà in seguito. Inoltre, minori lunghezze comportano
dispersioni termiche più contenute per convezione e, quindi, un miglior sfruttamento
           
lampade alogene a bassa tensione hanno una elevata resa cromatica e sono
particolarmente adatte per negozi raffinati, vetrine, chiese, pinacoteche, mostre etc.
37
Sorgenti luminose a scarica nei gas
Verso la fine del XIX secolo molti ricercatori, tra questi in particolare Sir William
Crookes
19
, condusserro prove in laboratorio che ebbero come oggetto lo studio della
             
discontinui a righe o a bande di emissione della scarica stessa. Il fisico francese Georges
Claude
20
lavorò per primo con un tubo pieno di neon ottenendone una luce
monocromatica di un intenso rosso vivo utilizzata quasi subito soprattutto per scopi
decorativi e per insegne pubblicitarie.
Seguì una intensa sperimentazione con il vapore di mercurio che emette luce blu e tanto
irraggiamento UV e con il vapore di sodio che emette una luce monocromatica giallognola
che dava un colorito di un pallore cadaverico ai visi ma aveva una buona resa sulle
facciate degli edifici storici.
Le lampade a scarica non ebbero, quindi, grande fortuna nella illuminazione degli interni
fino alla comparsa dei tubi fluorescenti, avvenuta negli anni attorno al 1930, contenenti
vapori di mercurio e con le pareti interne del tubo ricoperte da depositi di polvere
             
lampade incandescenti e fluorescenti per gli interni mentre per gli esterni e per le insegne
luminose lampade a scarica al neon e simili e lampade a vapori di sodio particolarmente
            
W.J. Hammer a Londra per reclamizzare uno sconto nella vendita della legna mentre la
prima insegna al neon negli Stati Uniti fu installata nel 1923 sulla facciata del vecchio
Cosmopolitan Theater di New York City.
Dal 1970 si cambiò radicalmente con il grande impulso delle lampade al sodio ad alta
pressione buone sia per interni che per esterni. Più recentemente sono apparse in
commercio le lampade allo xenon con luce simile a quella naturale del sole.
Dopo questa breve rassegna storica tornano sicuramente utili alcuni richiami della
fisica di base relativa al processo della scarica elettrica nei gas limitando tali cenni ai soli
gas ideali con molecola monoatomica senza considerare, quindi, gli stati eccitati nei modi
vibrazionali e rotazionali.
Un atomo si trova nella configurazione stabile o neutra quando tutti i suoi elettroni
occupano le loro orbite naturali caratterizzate ciascuna dal proprio livello energetico tipico

Gli elettroni di un atomo sono in grado, acquistando quanti ben definiti di energia, di
saltare su orbite stazionarie via via più distanti dal nucleo. Questo stato è detto di


          
immagazzinata. Quando l'energia acquisita, o in una successione di interazioni o in
un'unica soluzione, è tale da provocare l'uscita dall'ultima orbita, allora l'elettrone è
19
Sir William Crookes (London, 1832 - 1919) fu fisico-chimico.
20
Georges Claude (1870 - 1960) fu ingegnere chimico. Spetta a lui il merito delle prime lampade al neon
apparse in commercio nel 1910 prevalentemente impiegate per insegne luminose.
38
definitivamente libero senza più alcun legame con lo ione originario. L'energia necessaria

21

            
forze esterne sono quelli di valenza, quelli, cioè, che ruotano su orbite più esterne, dal
momento che il coinvolgimento di quelli più interni richiederebbe elevati apporti di energia
per la eccitazione e, a maggior ragione, ancora più elevati per la ionizzazione (raggi X).


             
osservare che, a temperatura ambiente, l'energia cinetica dovuta alla agitazione termica
molecolare è normalmente molto piccola rispetto alla energia di ionizzazione
22
, che è
dell'ordine di qualche eV, pertanto gli urti, dovuti all'agitazione termica tra le molecole del
gas, non contribuiscono in modo significativo alla produzione di ioni.
Come già accennato, dalla condizione di eccitazione, dopo un breve intervallo di tempo,
          
diseccitazione. Questo ha luogo m    
          
 
ndimento di questo aspetto si rimanda a testi specializzati
di struttura della materia, di fisica teorica e meccanica quantistica.
Nella massa gassosa possono essere già presenti elettroni liberi in grado di perturbare lo
stato di neutralità e di stabilità 
metallico opportunamente riscaldato (effetto termoionico scoperto da Edison) o da un
catodo metallico opportunamente illuminato (effetto fotoelettrico): il riscaldamento o
         
barriera di potenziale superficiale.

è quello termoionico essendo quello fotoelettrico influente princi
massa gassosa.
21
La prima energia di ionizzazione è la minima quantità d
temperatura di riferimento di 0 K, per saltare la barriera di energia potenziale ed uscire libero dal metallo
stesso.
22
Ricordando che la costante di Boltzmann vale:
k = =1.381 -23
10 (JK-1) = 8.620 10-5 (eV K-1)
R
N
dove R = è la costante universale dei gas mentre N = 6.03 1023 (molecole/grammomolecola) è il numero di
Avogadro.

temperatura ambiente di 298 K l'energia cinetica Ec di una molecola monoatomica vale:
Ec
3
2kT 0.0385(eV) 
mentre per una molecola biatomica:
EckT eV 
5
200642. ( )
anche se le velocità sono generalmente elevate (dell'ordine anche di 103 m s-1 ). Le velocità a parità di
energia cinetica variano in ragione inversa con la massa molecolare assoluta m o con la massa molecolare
relativa M:
Per un gas monoatomico:
vkT RT
M
m
 
33
Per un gas biatomico:
vkT RT
M
m
 
55
39
Effetto termoionico
In un tubo a scarica gli elettroni liberi provengono da un elettrodo metallico
riscaldato per effetto Joule.
La corrente termoionica It (A), così generata in assenza di campi elettrici esterni, è data
dalla seguente relazione teorica nota come formula di Richardson-Fermi nota talvolta
anche come formula di Dushman:
kT
E
ot
w
eTSAI
2
dove S è l'area della superficie emittente (m2), Ao è una costante uguale, per un metallo
ideale, a 60,2 104 (A m-2 K-2), T è la temperatura assoluta (K), k è la costante universale di
Boltzmann (J K-1), Ew è il lavoro di estrazione (J) caratteristico del metallo emittente. La
corrente termoionica aumenta molto rapidamente con la temperatura.
Tabella 7 Valori di Ao per alcuni metalli.
Metallo
Ao (A m-2 k-2)
Tungsteno
60.2
Molibdeno
60.2
Tantalio
60.2
Zirconio
330
Platino
17000
Tungsteno toriato
30
Alluminio
1.4
Magnesio
1.1 10-5
Differenziando la relazione di Richardson-Fermi rispetto alla temperatura si ottiene:
dT
kT
E
T
IdT
kT
E
T
eTSAdI w
t
w
kT
E
ot
w
22
222
T
dT
kT
E
I
dI w
t
t
2
Siccome il fattore entro parentesi, per temperature comprese tra 2000 K e 3000 K, range
di interesse per l'illuminotecnica, assume per i metalli un valore tra 15 e 30, si deduce che
la corrente termoionica è molto sensibile alle variazioni di temperatura.
Quando la corrente termoionica è trascurabile l'elettrodo emittente si dice "freddo".
La termoemissione può essere modulata con un campo elettrico pilota che controlla la
barriera di potenziale. Si può dimostrare che in presenza di una campo elettrico E (V m-1)
la corrente termoionica I(A) è:
T
E
t
II 440.0
dove T è la temperatura assoluta (K), It è la corrente termoionica in assenza di campo
elettrico. L'emissione termoionica non è la corrente che si instaura tra anodo e catodo ma
40

elettrodo freddo purché sollecitato da campi elettrici di elevata intensità.
ESEMPIO
Calcolare la corrente termoionica emessa da 1 cm2 di tungsteno alla temperatura di 2000 K sapendo che il potenziale di
estrazione del tungsteno vale 4.6 V.
Il lavoro di estrazione è: Ew = e V = 4,6·1,6·10-19 = 7,36·10-19 J
pertanto:
It = 60,2·104·2,2732·106·e-23,447·10-4 20 mA
A parità di condizioni quanto emette il tungsteno toriato?
Per il tungsteno toriato Ao = 3,0 104 (A m-2 K-2), il potenziale di estrazione vale 2,63 V ed il lavoro di estrazione vale
4,208·10-19 J, pertanto la corrente termoionica è:
It = 3,0·104·2,2732·106·e-13,406·10-4 23 A
che risulta circa 1000 volte maggiore.
La temperatura di lavoro del catodo di tungsteno è circa 2500 K, per il tungsteno toriato è di circa 1900 K mentre per il
tungsteno ricoperto di ossidi di metalli alcalino-terrosi, come ad esempio, ossidi di bario e di stronzio, è circa 1000 K.
Gli elettroni liberi accelerati dal campo elettrico scambiano energia mediante urti elastici
ed anelastici
23
con atomi e molecole della massa gassosa. Durante l'urto tra l'elettrone
accelerato ed un atomo o una molecola può verificarsi una delle seguenti situazioni:
Se la velocità dell'elettrone libero è bassa l'urto è elastico: l'elettrone libero, che ha una
massa molto minore di quella della molecola del gas conserva approssimativamente
l'energia cinetica precedente all'urto, avendone ceduta poca alla molecola di gas, ma
varia di molto la quantità di moto, in quanto varia sensibilmente la direzione della
velocità dopo l'urto, secondo le leggi classiche della conservazione della quantità di
moto.
Se la velocità dell'elettrone libero è sufficientemente elevata, nell'urto si potrebbe avere
quello scambio di energia giusto per la eccitazione dell'atomo con salto da un livello
stazionario ad un altro più elevato con conseguente ritorno allo stato iniziale

L'energia scambiata durante l'urto pessere maggiore dell'energia di ionizzazione e,
quindi, sufficiente a liberare un elettrone con formazione di uno ione positivo. In questa
situazione si ha un aumento delle cariche (elettroni liberi) che contribuiscono alla
corrente entro la massa del gas.
E' evidente che non è richiesto che l'elettrone libero responsabile dell'urto abbia
esattamente la giusta quantità di energia di eccitazione o di ionizzazione, ma soltanto che
non ne abbia di meno. L'eventuale eccesso rimane dopo l'urto sotto forma di energia
cinetica del solo elettrone libero, nel caso della eccitazione, o dei due elettroni liberi nel
caso della ionizzazione.
La composizione spettrale della luce emessa attraverso il meccanismo della scarica in gas
           
metallo solido, come nel caso del tungsteno nella lampada ad incandescenza.
     uzione spettrale continua nel campo del
visibile, mentre le lampade a scarica in gas producono una luce con spettro di emissione a
23
Si definisce elastico un urto tra due corpi che avviene senza alcuna dissipazione di energia meccanica,

(ad esempio sotto forma di energia di deformazione del corpo urtante o di quello urtato).
41
             


Effetto fotoelettrico
Un altro importante modo di estrazione di un elettrone dalla superficie di un metallo
è ottenuto mediante l'esposizione all'irraggiamento ultravioletto o visibile.

se la frequenza della radiazione soddisfa la seguente legge, nota come la Ia Legge
 fotoelettrico:
h
Ew
dove è la frequenza, h è la costante di Planck, Ew è l'energia di estrazione. La frequenza
critica o, o soglia fotoelettrica:
h
Ew
o
è la frequenza al di sotto della quale non avviene fotoionizzazione o analogamente:
w
oE
ch
-
dove -o 

soltanto sul loro numero, e questa è la IIa tto fotoelettrico.
cmax
data da:
 
oc hE
max

campo elettrico.
L         
massa di un gas il cui atomo può assorbire un fotone di frequenza
da un livello di energia E1 ad uno di energia più elevata E2 = E1 + h .
A differenza di quanto avviene nel caso della eccitazione per urto tra atomo ed
elettrone, il fotone può essere assorbito soltanto se la sua energia è esattamente quella
indispensabile per il salto tra due livelli stazionari. Se il fotone possiede una energia Ein>
(E2 - E1) non c'è da aspettarsi che la parte giusta venga assorbita mentre l'eccesso è
emesso come energia luminosa con frequenza:
h
EEEin )(
'12
42
La eccitazione per impatto con i fotoni esige uno scambio esatto di energia senza resti.
L'atomo eccitato assume dopo un certo lasso di tempo la configurazione normale o in un
solo salto o in una sequenza di salti passando per livelli stazionari. Se il salto è unico
(caso di emissione per risonanza) i fotoni emessi hanno la stessa lunghezza d'onda di
quelli incidenti; ma se i salti sono p di uno, i fotoni emessi hanno lunghezze d'onda
diverse tra loro e da quella incidente: questo è il cosiddetto fenomeno della fluorescenza.
Nel caso invece della ionizzazione per impatto con fotoni (effetto fotoelettrico), il fotone
scompare interamente e la sua energia genera un elettrone ed uno ione positivo. La
fotoionizzazione, a differenza di quanto accade per la fotoeccitazione, può aver luogo
anche quando l'energia iniziale del fotone incidente è maggiore di quella richiesta per la
ionizzazione: l'eccesso oltre il quanto si distribuisce sotto forma di energia cinetica dei
prodotti della ionizzazzione.
I quanti di energia che interessano il visibile sono compresi tra 1,8 eV (40
kcal/mole) per la luce rossa e 3,1 eV (80 kcal/mole) per la luce viola.

gassosa ed alla estrazione di elettroni nell'impatto con l'elettrodo di segno contrario.
Inoltre, esistono stati stazionari che possono essere eccitati per urto con elettroni ma non
per interazione con i fotoni: questi sono chiamati stati metastabili. La diseccitazione di uno
stato metastabile non avviene con emissione di fotoni ma o mediante dissipazione sotto
forma di energia cinetica ceduta ad altri atomi, o mediante accumulo di energia potenziale
cumulabile con altri apporti energetici, provenienti per esempio da urti con elettroni liberi,
fino al raggiungimento del quanto necessario o alla eccitazione o alla ionizzazione.
Nei tubi a scarica l'apporto della diseccitazione degli stati metastabili provoca il
riscaldamento delle pareti e contribuisce alla cosiddetta emissione secondaria.
Tabella 8 Alcune grandezze caratteristiche dei metalli più usati come elettrodi nei tubi a scarica.
Materiale
Potenziale
di Estraz.
(V)
Energia
di Estraz.
(J)
Soglia fotoelettrica
10-15(Hz)
Lunghezza
 di soglia
(nm)
Platino
6
9.60
1.449
207
Tungsteno
4.6
7.36
1.111
270
Rame
4.4
7.04
1.062
282
Tantalio
4.2
6.72
1.014
296
Zinco
3.4
5.44
0.821
365
Torio
3.3
5.28
0.797
376
Ferro
3.2
5.12
0.773
388
Calcio
3.2
5.12
0.773
388
Sodio
2.7
4.32
0.652
460
Ossido di calcio
0.6-1.7
0.96-2.72
0.145-0.411
2068-729
Mercurio
6.5
10.39
1.578
190
Caratteristica della scarica nei gas
Il numero di ioni prodotti per urto nei tubi a scarica dipende in ragione diretta dal
campo elettrico ed in ragione inversa dalla pressione: è pertanto possibile variare la
produzione di ioni modulando opportunamente le due grandezze. Se, però, la variazione di
entrambe è tale da non alterare il loro rapporto (E/p) allora rimane costante la produzione
di ioni per urti: questa è la legge di Paschen
24
.
24
Louis Carl Heirich Friedrich Paschen (Schworin 1865- Potsdam 1947).
43
Mantenendo costante la pressione all'interno di un tubo a scarica avente una determinata
geometria, la corrente elettrica tra i due elettrodi può essere rappresentata come funzione
della differenza di potenziale V attraverso una relazione del tipo:
V = V(I)
detta caratteristica del tubo a scarica ottenuta sperimentalmente con un voltmetro, ad alta
impedenza interna, in parallelo con il tubo alimentato da una data f.e.m. costante
attraverso una resistenza modulabile (reostato) in serie (cfr. Figura 1).
Figura 12
Se tra i due elettrodi viene innescata una tensione dal generatore di forza
elettromotrice       campo elettrico che luogo ad una
corrente elettrica, costituita da        
(catodo) verso quello positivo (anodo).
In un conduttore ohmico, la corrente elettrica sarebbe direttamente proporzionale alla
tensione applicata (secondo la legge di Ohm), quindi tra V ed I ci sarebbe una
dipendenza lineare, ma, nel nostro caso, un gas dove si
verifica una situazione molto più complessa. Facendo     
tubo mediante modulazione della resistenza (reostato) e misurando questa corrente con
un amperometro, la caduta di tensione ai capi degli elettrodi, misurata dal voltmetro, varia
secondo la relazione caratteristica del gas considerato.
La struttura matematica della relazionetraV ed I dipende dalla natura del gas, dalla
geometria (forma e dimensioni) degli elettrodi e dalla pressione. La dipendenza dalla
pressione è giustificata dal fatto che maggiore è la pressione, minore è il libero cammino
due urti consecutivi, minore, infine,
è la capacità di partecipare alla eccitazione ed alla ionizzazione di altri atomi.
Nella molteplicità delle espressioni analitiche si possono individuare alcuni aspetti
ricorrenti illustrati nella figura 13 seguente.
Il primo tratto evidenzia un andamento quasi lineare a comportamento ohmico con
piccole variazioni di corrente elettrica anche per importanti variazioni di potenziale: in
queste condizioni tra anodo e catodo non si hanno importanti accumuli di cariche spaziali.
La corrente che attraversa il gas è assolutamente non autonoma ed è piccola (10-8 ÷ 10-6
A), ed è formata prevalentemente dai cosiddetti ioni primari prodotti da agenti esterni quali
gli elettroni liberi o i fotoni. Durante il cammino libero gli ioni non hanno modo di acquistare
energia cinetica sufficiente ad ionizzare ed eccitare a loro volta. In queste condizioni la
corrente elettrica non emette luce e per questo motivo la scarica è detta oscura.
gas
V
44
Nel tratto successivo la corrente elettrica (10-6-10-5 A) è aumentata a tal punto da generare
ioni secondari. In questa seconda fase la corrente elettrica, detta scarica Townsend, si
alimenta da diventando autonoma senza p il bisogno del contributo esterno degli
agenti ionizzanti. E' evidente che l'aumento della ionizzazione si accompagna anche ad un
significativo aumento del numero di molecole eccitate le quali, ritornando alla
configurazione stabile fondamentale, emettono luce (regime di luminescenza).
Figura 13: Curva caratteristica della scarica
La differenza di potenziale che inizia la scarica autonoma e' la cosiddetta tensione di
accensione o di innesco, che per un tubo con elettrodi piani e paralleli è direttamente
proporzionale al prodotto tra la pressione p del gas di riempimento e la distanza d tra gli
elettrodi, come si ricava dalla già citata legge di Paschen:
t
dP
V
P
Ecos
dPtV cos
Nel terzo tratto la ionizzazione si riproduce con un processo a valanga e
conseguentemente la corrente elettrica (10-5-10-3 A) aumenta ulteriormente mentre la
differenza di potenziale tra gli elettrodi diminuisce. In prossimità degli elettrodi si formano
accumuli di cariche spaziali di segno opposto. Le cariche spaziali hanno l'effetto di alterare
sostanzialmente l'andamento del campo elettrico. Nella parte centrale la elevata
concentrazione di cariche di entrambi i segni che si spostano nei versi opposti contribuisce
sia alla ionizzazione che alla eccitazione. Il fenomeno più rilevante, comunque, è la
scarica (detta scarica a bagliore) che si ha in prossimità del catodo dovuta ad ioni primari
10-7
10-5
10-3
V
Scarica
oscura
Scarica
Townsend
Scarica a
bagliore
Scarica
ad arco
10-1
1
10
45
e secondari ed in più ad elettroni e ad ioni estratti direttamente dagli elettrodi per effetto
dell'impatto degli ioni primari e secondari. La differenza di potenziale in questa situazione
non è più tra gli elettrodi metallici ma tra il catodo e l'estremità della carica spaziale
positiva che è arrivata a coprire gran parte del volume a disposizione entro il tubo. Durante
la scarica a bagliore la differenza di potenziale, che è diminuita rispetto a quella di
innesco, resta circa costante.
Nel quarto tratto l'intensità di corrente (maggiore di 1 A) aumenta ancora e si ha la scarica
ad arco alla quale concorrono anche gli elettroni emessi per effetto termoionico dal catodo
riscaldato, fino a 900 °C, dall'impatto con gli ioni positivi: in questo tratto la tensione
diminuisce.
         
bombardamento di elettroni primari dipende sostanzialmente da tre fattori:
numero di elettroni primari;
energia degli elettroni primari,
angolo di incidenza sulla superficie.
Il rapporto:
primarielettN
ondarielettN
.
sec.
è normalmente piccolo per metalli puri (<2) ma aumenta sensibilmente se sulla superficie
=10-15.
Il rapporto           
andamento dotato di massimo. Difatti, il rapporto è ovviamente piccolo per piccoli valori
di E, mentre al crescere di E il numero di elettroni secondari aumenta per poi diminuire per
valori energetici ancora più elevati che consentono agli elettroni primari di penetrare più a
fondo nello strato solido e liberare elettroni secondari che hanno bassa probabilità di
essere emessi in quanto per loro è elevata la probabilità di collidere con altre particelle

La tensione d'arco è sempre minore della tensione di accensione.
Per ragioni pratiche di contenimento dei consumi elettrici, di aumento della vita media
delle lampade a scarica è importante lavorare con basse tensioni di accensione. Per
questo si ricorre ad uno o più tra gli accorgimenti seguenti:
Riempimento con gas rari (He, Ne, Ar, Kr, Xe) per le cui molecole, tutte monoatomiche,
il lavoro di ionizzazione è molto basso, circa uguale al lavoro di eccitazione.
Tabella 9 Energia di ionizzazione dei gas rari e colorazione della scarica a bagliore a bassa ed ad alta
pressione
Gas
Colore della scarica
Prima En. Ioniz.
(eV)
Elio
Giallo
24.586
Neon
Rosso
21.563
Argon
(b.p.) rosso pallido
(a.p) blu
15.759
Cripton
giallo-verde
13.999
Xenon
blu-verde
12.129
46
Riscaldamento del catodo per aumentare l'emissione degli elettroni liberi. Il catodo di
tungsteno è riscaldato sino a circa 2200 °C mentre il tungsteno ricoperto da un sottile
strato di torio ha una temperatura di emissione di circa 1700 °C.
Copertura del catodo con uno strato di materiale fotosensibile come, per esempio, il
cesio
25
o con strati di ossidi di metalli alcalino-terrosi (ossido di bario
26
, ossidi di
stronzio
27
, ossido di calcio
28
). Dotati di bassa barriera potenziale superficiale (potenziale
di estrazione di 1-2 V) queste sostanze richiedono una temperatura di emissione di
circa 700 °C. I catodi rivestiti sono, però, più facilmente deteriorabili a causa del
bombardamento ionico che diventa particolarmente severo a temperature superiori a
750              
bombardamento degli ioni positivi.
Inserimento di un elettrodo ausiliario vicino ad un elettrodo principale per ridurre,
secondo la legge di Paschen, la tensione di innesco che inizi la scintilla.
PRESTAZIONI DEI VARI TIPI DI TUBI A SCARICA
Tra le lampade a scarica in gas oggi presenti sul mercato ricordiamo le seguenti
tipologie:
Lampade a vapori di sodio a bassa e ad alta pressione;
Lampade a vapori di mercurio a bassa pressione o fluorescenti;
Lampade fluorescenti compatte;
Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione;
Lampade per insegne luminose;
Lampade ad alogenuri metallici;
Lampade fluorescenti ad alta frequenza;
Lampade fluorescenti a luce miscelata.
Le lampade a vapori di sodio a bassa pressione (0.1 mm Hg a lampada
spenta) contengono xenon o elio o neon o argon e piccole quantità di sodio metallico. I
gas servono per avviare la scarica la quale riscalda il tubo e permette la evaporazione del
sodio. La luce emessa da questi tubi è monocromatica di colore giallo-arancione ed è,


nelle gallerie, negli incroci ed in genere nei grandi spazi esterni. Siccome la stabilità della
scarica dipende fortemente dalla temperatura di funzionamento (circa 250 °C), oltre al
ricorso ad una alimentazione stabilizzata, è spesso adottata la soluzione di isolare
           
25
Il cesio (Ce) è un metallo alcalino scoperto nel 1860 da Gustav Kirchhoff e Robert Bunsen. Fu il primo
elemento scoperto con il metodo spettroscopico: il suo spettro presenta una sola riga di colore blu. Deriva il
suo nome dal latino caesius che significa, appunto, grigio-azzurro, glauco.
26
Il bario è stato scoperto dal chimico inglese Sir Humphry Davy nel 1808. Deriva il suo nome dal greco
( to di bario e di clorato di bario
per la loro bella colorazione giallo-
27
Lo stronzio è stato scoperto nella stronzianite dallo scozzese William Cruikshank e deriva il suo nome
dalla città mineraria scozzese Strontian in Argyllshire. Il vapore del nitrato di stronzio quando brucia alla
fiamma una colorazione rosso scarlatto ed è usato per le segnalazioni luminose, per i proiettili traccianti e

28
Il Calcio (Ca) è un metallo alcalino-terroso. Deriva il suo nome dal latino calx = calce ed è stato isolato per
la prima volta da Sir Humphry Davy nel 1808.
47
esterno o si ricorre alla soluzione del rivestimento, con ossidi di iridio e stagno o mediante

La resa dei colori per questo tipo di lampade è nulla, anzi, si può affermare che è un
parametro privo di significato.
-1).

Il tempo di riaccensione a caldo è quasi nullo.
Il tempo di riaccensione a freddo è una di decina di minuti.
La temperatura di colore è di circa 1700 K.
La vita media è di circa 10000 h.
pada al sodio
            
            
dotato di un coefficiente di visibilità relativa V(-) molto elevato intorno ad un valore medio

29
Le lampade a vapori di sodio ad alta pressione, apparse in commercio attorno al
1965, hanno:
efficienza di 90 (lm W-1);
vita media di 12000 h;
decadimento del flusso luminoso del 90%;
tempo di andata a regime di alcuni minuti;
tempo di riaccensione a caldo compreso tra 1 e 2 minuti;
tempo di riaccensione a freddo di 5-11 minuti;
temperatura di colore di 2000 K.
            
componenti cromatiche sino a farlo diventare quasi continuo con un aumento significativo
ma non sufficiente della resa dei colori.
Queste lampade sono formate da due tubi: quello più interno è in ceramica o in quarzo
     dio ed alle elevate temperature (circa 1500 K)
mentre quello più esterno ha soltanto la funzione di protezione: tra i due tubi viene fatto il
vuoto. La luce ha un colore giallo-bianco e se pure meno sgradevole di quella a bassa
pressione non è adatta per l   
compresa tra circa 10 e 35 kPa.

Sono prevalentemente usate per parcheggi ed impianti sportivi. In commercio sono
disponibili oltre alle lampade standard ad alta pressione anche lampade ad alta pressione
a luce corretta e più recentemente, nel 1986, sono apparse le lampade al sodio ad alta
pressione a luce bianca, che possono essere utilizzate anche negli ambienti interni.
Le lampade a vapori di mercurio a bassa pressione, comunemente ed
impropriamente chiamate tubi al neon, sono in quarzo e sono riempite con argon a
pressione molto bassa (circa 1 Pa) con qualche goccia di mercurio che riscaldandosi
evapora.          
29

condizioni di visione fotopica ad u
48
253,7 nm. Queste ultime sono riconvertite in radiazioni visibili dai cosiddetti fosfori
30
che
rivestono la parte interna del tubo ed hanno la funzione di assorbire le radiazioni UV e di
         
trasduttori di frequenza. La composizione dei fosfori influenza le caratteristiche cromatiche
della luce emessa dalla lampada, in particolare la sua temperatura di colore. Le lampade
della nuova generazione possono assumere valori diversi della temperatura di colore,
emettendo luce bianca fredda, calda o intermedia, in funzione della composizione dei
fosfori.
Queste lampade sono denominate anche lampade fluorescenti e possono
presentarsi in forma tubolare, caratterizzate da alte rese cromatiche, ed in forma
compatta, caratterizzate da alti costi, resa cromatica intorno a 85 ed una scarsa presenza
estetica.
Le lampade fluorescenti hanno luminanze non elevate, intorno a 7000 cd m-2, e pertanto

Le lampade fluorescenti compatte, apparse nel 1980, sono lampade miniaturizzate con
tubi di diametro di 10 mm piegati ad U o affiancati in un “hot kiss”. Sono interessanti
alternative alle lampade ad incandescenza consentendo notevoli risparmi energetici,
anche del 75%, anche se presentano un costo di acquisto più elevato. Possono sostituire
le incandescenti tradizionali e quelle alogene e, funzionando con temperature
notevolmente più basse, consentono una larga scelta nell’impiego dei materiali.
I tubi delle lampade fluorescenti sono contrassegnati da una lettera ed un numero.
La lettera indica la forma:
T forma tubolare;
C (circle o circline) la cosiddetta circolina che si presenta con le estremità adiacenti e
rivolte in senso opposto;
H (Helicoid) di geometria elicoidale;
U: il tubo è ritorto su se stesso a disegnare la lettera U
, che normalmente è compreso
 ).
Ad esempio scegliendo per la geometria tubolare si può avere:
T-2 = 6 mm,
T-5 =16 mm;
T-8 = 25 mm;
T-12 = 38 mm.
Le lampade a vapori di mercurio ad alta pressione (fino a 8 atm) hanno due bulbi:
quello interno in quarzo, di alcuni millimetri di diametro, contiene i vapori di mercurio ad
alta pressione, mentre quello più esterno di vetro ha la funzione di protezione del tubo
principale e di custodia dei contatti degli elettrodi principali      
pressione sostituisce la funzione dei fosfori riducendo la emissione UV a favore delle
radiazioni visibili. Queste lampade emettono luce verde-blu ed UV mentre non emettono
quasi per niente luce rossa: gli oggetti rossi illuminati da queste lampade appaiono
marrone. Le lampade di questo tipo sono usate dove il rosso ha poca importanza e di
solito sono in          
principale si hanno temperature a regime anche di 5000    
raggiungono anche i 1000 K.
30
Il fosforo deriva il suo nome dal greco , phosphòros = apportatore di luce, lucifero. Fu scoperto

49
La vita media è di 12000 h
-1).
Il decadimento del flusso luminoso è del 78%.
Il tempo di riaccensione a caldo è di 4-6 min.
Il tempo di riaccensione a freddo è di 3-5 min.

interna del tubo rende ovviamente la luce più bianca in quanto i fosfori colmano la lacuna
del rosso.
re lunghi tempi di andata a regime ( 3-7
           
tempi di riaccensione che sono necessari per consentire un adeguato raffreddamento del
bulbo che riporti la pressione interna a valori compatibili con la tensione di avvio della
scarica.
La lampade per insegne luminose sono a bassa pressione e possono essere
riempite con neon
31
se si desidera emissione di luce di colore rosso vivo o elio o argon o
altri gas con colori che dipendono dal gas o dalla miscela di gas usati e ovviamente dal
colore del vetro. Nelle lampade per le insegne luminose si sfrutta la corrente della colonna
positiva con tensioni che possono arrivare anche a 1000 V e correnti elettriche comprese
tra 10 e 100 mA. Le insegne luminose sono ormai elementi abituali delle scenografie di
strade e di piazze di tutto il mondo. I messaggi multicolori, suadenti, accattivanti e talora
insistenti ed invadenti sono un richiamo a griffes e marchi famosi, segnalano vendite e
grandi sconti, promuovono spettacoli. Le scritte e le immagini si impongono per dimensioni
e colori creando imponenti effetti scenici quasi si trattasse di un teatro che tutti i giorni al
calare delle prime ombre alza il sipario: le scritte ed i disegni cominciano ad animarsi e si
rincorrono lungo le facciate degli edifici, le intermittenze si dissolvono e si ricompongono
  
uiscono quella luce e quei colori così invitanti e
così suggestivi?
Le lampade ad alogenuri metallici, apparse in commercio nel 1964, sono una
particolare versione delle lampade a scarica nei vapori di mercurio ad alta pressione con
uri metallici anche in miscela quali gli ioduri di sodio, di cesio, di tallio e
di indio, di disprosio, di torio. I vapori degli alogenuri arricchiscono la miscela gassosa e lo
spettro del mercurio con quelle bande che al solo mercurio mancano: gli alogenuri
rendono superfluo il compito dei fosfori.

- 80 (lm W-1).
La resa cromatica arriva fino al 60-93 %.
La vita media è di 5000 h.
La temperatura di colore va da 3000 a 6000 K.
I tempi di riaccensione sono i più elevati tra tutte le lampade.
31
Il neon costa molto ma per le lampade servono piccole quantità: 1lt di neon in condizioni normali è sufficiente a riempire tubi di
lunghezza complessiva di 60-100 m.
50
             
importante la resa dei colori come nelle manifestazioni notturne in piazze e campi sportivi
riprese da troupes televisive.
Le lampade fluorescenti ad alta frequenza, apparse nel 1991, sono alimentate da

è generata da campi elettromagnetici alterna


elettromagnetici sono generati per induzione elettromagnetica da una corrente elettrica ad
    4 Hz) generata da un generatore elettronico esterno
alla lampada.
          a
miscela di vapori di mercurio a bassa pressione e gas rari, fenomeni di eccitazione e
ionizzazione delle molecole con conseguente formazione di un flusso di elettroni (scarica)
e di emissione di radiazioni UV. Queste vengono convertite in radiazioni visibili da uno
strato di polveri fluorescenti sulla superficie interna del bulbo.
Attualmente si trovano in commercio lampade ad alta frequenza di media potenza (55-85
W) con temperature di colore comprese tra 2700 e 4000 K.
Le lampade fluorescenti con alimentazione ad alta frequenza si caratterizzano per
una alta efficienza luminosa (70 lm W-1) e, quindi, per consumi energetici molto bassi,

La frequenza di funzionamento è d 4 Hz, particolarmente pericolosa in
presenza di organi di macchine in rotazione, non necessitano di rifasamento avendo un
fattore di potenza superiore al 95%, sono immuni dai fastidiosissimi ronzii, consentono la
regolazione del flusso luminos      
notevoli risparmi energetici e richiedono tempi di accensione molto brevi. Infine hanno il
notevole vantaggio offerto da tempi di durata molto lunghi, fino a 60000 h, grazie
   ali gli elettrodi soggetti a deterioramento per il
bombardamento ionico e per il passaggio della corrente elettrica, minor annerimento alle
estremità, fattore di potenza prossimo al valore unitario.
effetto stroboscopico; è ora di chiedersi che cosa è.
           
lampade elettriche sono generalmente correnti alternate. La corrente elettrica alternata ha
una frequenza di 50 Hz, quindi si annulla 100 volte al secondo e pertanto il flusso
luminoso in queste fluttuazioni periodiche presenta 100 picchi al secondo. La elevata
inerzia termica di una lampada ad incandescenza nasconde del tutto questo
inconveniente. Anche le lampade a scarica normali non risentono generalmente del
fenomeno stroboscopico mentre quelle fluorescenti si basano su fenomeni chimici meno
rapidi e presentano in maniera più evidente questo inconveniente. Data la caratteristica
ntermittenti con ritardi
minori di 10-1 s, il fenomeno non dovrebbe avere conseguenze avendo ciascun evento la
durata di 10-2 s. Se con questa luce vengono, però, illuminati oggetti in rotazione aventi
frequenza uguale a 100 Hz, corrispondente a 6000 giri    
pericolosamente apparire fermo; mentre nel caso di non coincidenza si possono avere
valutazioni sbagliate estremamente pericolose per operatori di macchine utensili o
comunque di macchine aventi organi in rotazione: se la frequenza dei picchi di intensità è

quello reale, se la frequenza dei picchi di intensità è leggermente inferiore a quella di
      verso di quello reale ma con velocità
51
inferiore. Inoltre, sulle superfici degli stessi corpi rotanti possono manifestarsi delle
successioni di chiari e scuri che affaticano la vista, e questo è particolarmente debilitante
ed ancora una volta pericoloso laddove il lavoro si protrae nel tempo.
Le lampade fluorescenti a luce miscelata sono un felice connubio tra le due
tipologie di funzionamento delle lampade elettriche: come lampada a scarica funzionano
con vapori di mercurio e con i fosfori sulle pareti interne, mentre come lampada ad
incandescenza funzionano con un filamento di platino che, in quanto resistenza elettrica in
serie con il tubo, assolve anche al ruolo di limitatore della corrente elettrica rendendo
superfluo il reattore. Lo spettro luminoso è continuo, tipico delle lampade ad
incandescenza, con rinforzi in quelle bande dove ricorrono le righe di emissione della
lampada a scarica.
Circuiti accessori

accessori, anche se la moderna tecnologia non li rende indispensabili in tutti i casi. Essi
sono:
lo starter che avvia il processo di ionizzazione preriscaldando il catodo, rendendolo
emissivo e fornendo poi la tensione di innesco della scarica. Lo starter è
prevalentemente usato per le lampade a fluorescenza a bassa pressione. Lo starter

             
bimetal         
          
potenziale tra i due elettrodi fa passare una debole corrente elettrica nella massa del
g          
semitrasparente e si riscalda aumentando la temperatura anche della lamina
bimetallica. Il riscaldamento incurva la lamina sino alla chiusura del circuito lasciando
passare la corrente elettrica che preriscalda il catodo della lampada. Con la chiusura

            genera
una sovratensione per autoinduzione che, se il catodo è già ben preriscaldato, innesca
nel tubo la scarica che poi a regime si alimenta da richiedendo una tensione a
regime molto minore di quella di avvio. Uno starter non efficiente si manifesta al
           
sempre presago di prossima rottura. Il lampeggiare è il risultato di tentativi che lo
starter, ormai non più giovane con i primi manifesti sintomi di vecchiaia, ripete sino alla
accensione definitiva e liberatoria.
il reattore è una bobina, collegata in serie con la lampada, che limita e controlla per
autoinduzione la scarica che altrimenti, con differenza di potenziale costante,
aumenterebbe in modo del tutto incontrollato.    
          

32
32
Le lampade a scarica vengono alimentate attraverso un reattore (praticamente un elettromagnete) ed uno
starter, cioè un dispositivo automatico che prima stabilisce e poi interrompe la corrente, nel reattore, dando
così luogo alla extratensione che innesca la scarica luminosa. Il reattore serve anche a stabilizzare la
corrente ad accensione avvenuta.
52
il condensatore statico     mpianto onde evitare valori bassi del
fattore di potenza cos
" dato dalla ben nota formula di Galileo Ferraris per la potenza
media assorbita da un circuito percorso da corrente alternata:
W = feff ieff cos
       per contenere il consumo di energia elettrica
  
33
. Siccome, come è noto, il condensatore assorbe corrente
elettrica in anticipo rispetto alla differenza di potenziale, è possibile scegliere
     ngolo di sfasamento tra la f.e.m. ai capi del
tubo e la corrente di scarica a valori prossimi allo zero. Quando si verifica come caso
estremo:
2
0cos

Il trasformatore può generare quel caratteristico ronzio, che piacevole non è mai ma che
può diventare molto fastidioso, prodotto dalla vibrazione delle lamine di ferro che
formano il nucleo: il nucleo è formato dalla sovrapposizione intercalata di lamine sottili e
di sottili fogli di isolante elettrico allo scopo di ridurre le correnti elettriche parassite o di
Foucault che surriscalderebbero il circuito per effetto Joule.
il trasformatore che viene usato quando la tensione di rete è diversa da quella richiesta
    Il trasformatore può essere abbinato al reattore ed al
condensatore. Per alcuni tipi di lampade sono richieste tensioni di innesco attorno a
1000 V.
Le tensioni a regime, invece, sono di circa 50 Vrms e le correnti elettriche sono di qualche
decimo di Ampere.
Nella tabella 10 seguente sono riportati alcuni valori di riferimento della luminanza
di tipiche sorgenti luminose. Questo dato è estremamente importante soprattutto per gli
aspetti qualitativi di un impianto di illuminazione, come si vedrà nel capitolo riguardante il
dimensionamento degli impianti.
              
ambiente chiuso deve essere sufficientemente equilibrata, in modo che non ci siano
eccessivi contrasti tra le luminanze delle sorgenti luminose e delle pareti.
Tabella 10 Valori di luminanza di tipiche sorgenti liuminose
Sorgenti luminose
Luminanza (cd/m2)
fiamma delle candele
104
33
La potenza calcolata con la formula di Galileo Ferraris è quella cosiddetta attiva. La potenza attiva ( si
misura in W) moltiplic            
pagare con scadenze periodiche. Se non si tiene conto dello sfasamento la potenza, W = feff ieff è quella
apparente che si misura normalmente in (V A). La componente reattiva (feff ieff sin
dissipata nei vari conduttori e dielettrici producendo riscaldamenti quasi sempre indesiderati per effetto
) sia maggiore o al minimo
uguale a 0.9. Gli impianti che rispettano tali valori non sono soggetti a sanzioni o a maggiorazioni dei costi.
Nelle lampade ad incandescenza non si ha sfasamento e, quindi cos = 1, in quanto il carico è puramente
ohmico.
53
fiamma di cherosene
1.2 104
fiamma del gas illuminante
4 103
reticella di Auer
6.2 104
fiamma di acetilene
1.1 105
corpo nero a 6500 K
3 109
corpo nero a 4000 K
2.5 108
corpo nero a 2042 K
6 105
lamp. inc. con filo di carb. (3.15
lm/W)
5.2 105
c.s. con filo di tantalio (6.3 lm/W)
7 105
c.s. con filo di tungsteno (10 lm/W
sotto vuoto)
2 106
c.s. (20 lm/W con gas di
riempimento)
1.2 107
lampada incan. 60 W vetro
smerigliato
1.2 105
lampada incan. 25 W vetro
smerigliato
5 105
lampada incan. 15 W vetro
smerigliato
3 104
lampada incan. 10 W vetro
smerigliato
2 104
lampada incan. 60 W vetro chiaro
3 104
lamp. fluor. T-17 luce cool-white
420 mA
4.3 103
lamp. fluor. T-12 luce cool-white
430 mA
8.2 103
lamp. fluor. T-12 luce cool-white
800 mA
1.1 104
lamp. fluor. T-17 luce cool-white
1500 mA
1.7 104
lamp. a mercurio ad alta press.
(H33, 2.5 atm)
1.5 106
lamp. a mercurio ad alta press.
(H38, 10 atm)
1.8 106
vetro chiaro al neon (15 mm, 60
mA)
1.6 103
54
Lampade a tecnologia LED
             
dispositivo per la produzione di luce artificiale che sfrutta le proprietà di alcuni
semiconduttori di emettere fotoni nel campo del visibile a causa di un fenomeno di
ricombinazione tra elettroni e lacune (assenza di elettroni) che avviene se si verificano
delle particolari condizioni che verranno di seguito illustrate.
Definiamo innanzitutto, anche se in maniera qualitativa, cosa sia un diodo: un diodo è un
componente elettronico polarizzato, cioè dotato di un polo positivo e di uno negativo, che
consente il passaggio di corrente solo in una direzione ben precisa, impedendolo in altre,
come illustrato nel suo simbolo circuitale mostrato nella figura seguente in cui la barra
posta al vertice della freccia rappresenta lo sbarramento che impedisce il passaggio di
          
(vedi Fig 14)
Figura 14 Simbolo circuitale di un diodo
I LED sono particolari tipi di diodi formati da un sottile strato di materiale semiconduttore
(es. arseniuro di gallio - GaAs, nitruro di gallio e indio GaInN, fosfuro arseniuro di gallio -
GaAsP, carburo di silicio SiC, fosfuro di gallio GaP,) sottoposto a drogaggio di tipo p
in una particolare zona e di tipo n nella zona opposta. Il drogaggio di tipo n consiste nella
immissione in piccolissime quantità (impurità), nel materiale semiconduttore, di atomi che
hanno un elettrone in più di quelli necessari e sufficienti a soddisfare tutti i legami
disponibili con gli atomi del materiale considerato, mentre il drogaggio di tipo p è quello
effettuato con atomi di elementi chimici che hanno un elettrone in meno di quelli necessari
              in
eccesso nella banda di conduzione, che sono liberi di muoversi poiché non appartenenti in
modo specifico a nessun atomo del semiconduttore, mentre la seconda operazione
produce delle lacune, cioè delle mancanze di elettroni, che danno luogo dunque ad una
eccedenza di cariche positive.          
caratterizza dunque dandole carica negativa, mentre     
zona drogata di tipo p le attribuisce carica positiva. La giunzione può essere propriamente
considerata come quel sottile strato di confine tra la zona di tipo p e quella di tipo n ed è
caratterizzata da totale assenza di portatori di carica, positivi o negativi. (cfr. Fig. 15)
55
Figura 15 Giunzione p-n
Quando la giunzione viene sottoposta ad una tensione diretta gli elettroni in eccedenza

p che invece sono in movimento con esse. Tale


cedere per assestarsi ad un livello energetico più basso intorno al nucleo della lacuna: tale
energia è emessa sotto forma di fotoni cioè di luce. Un notevole numero di fotoni non
viene trattenuto dal piccolo spessore del disesterno rendendo
il sistema una sorgente di luce artificiale.
Il 
        ficienza
luminosa del dispositivo. I primi LED realizzati erano caratterizzati dal colore rosso della
luce emessa e venivano prevalentemente utilizzati nei circuiti elettronici come indicatori. In
seguito vennero realizzati LED a luce verde e dispositivi con due LED accoppiati
(rosso+verde) che permettevano di ottenere emissioni luminose di colore rosso, verde, o
giallo (rosso + verde) a seconda di come venivano fatti funzionare, se singolarmente o in
             
soprattutto alla ricerca dei materiali semiconduttori più adatti allo scopo, fino ad ottenere,
con la disponibilità di LED blue, la possibilità di emettere luce di diverso colore mettendo
insieme tre LED con i tre colori fondamentali della luce (rosso, verde, blue). Questi
dispositivi potevano produrre luce di qualsiasi colore.
Tipiche applicazioni di questi dispositivi, viste le piccole dimensioni delle sorgenti, sono: i
telecomandi ad infrarossi, gli indicatori di stato (luci spia di stand-by di apparecchiature
elettroniche), sistemi di retro-illuminazione di display LCD, ma ultimamente si sono diffusi


notevoli vantaggi che offrono in particolare in termini di riduzione dei costi di manutenzione
e di lunga durata delle sorgenti, 
poter prevedere in futuro la possibilità di sostituire vari tipi di sorgenti di luce artificiale ad
incandescenza o a scarica nei gas nella quasi totalità delle attuali applicazioni.
Per realizzare la possibilità di sostituire sorgenti di luce tradizionali, un certo numero di
orma e dimensioni simili a quelle di una
lampada ad incandescenza o fluorescente o alogena, etc. e che prevede attacchi di tipo
Edison a vite o a baionetta, tipicamente presenti in queste sorgenti tradizionali. Poiché i
LED sono caratterizzati da bassa o addirittura bassissima tensione di funzionamento ed
anche da piccoli valori della potenza elettrica, sebbene    
luminosa, i flussi luminosi emessi non sono in genere molto elevati e questo costituisce un
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
-
-
-
-
-
-
-
-
-
+
-
Zona p
Zona n
Giunzione
56
limite per alcune applicazioni, richiedendo, per realizzare un certo illuminamento, un
numero elevato di sorgenti. Per fare un esempio, considerato che una lampada ad
incandescenza da 40 W emette circa 400 - 500 lumen, un LED di 1 W ad elevata
efficienza emette circa 50-60 lm 
sorgente per ottenere lo stesso flusso della lampada ad incandescenza, ovviamente con
un notevole risparmio energetico.
Per contro, oltre ad una buona efficienza luminosa, queste lampade consentono notevoli
risparmi in termini di costi di manutenzione per via di una vita media molto lunga che può
              
emissione della luce non prevede la presenza di elettrodi, che si deteriorano facilmente,
come nelle lampade a scarica, o di filamenti di tungsteno che tendono ad assottigliarsi fino
a spezzarsi, come avviene nelle lampade ad incandescenza, o di fosfori depositati sulle
pareti, come nelle lampade flouorescenti, che perdono la loro efficacia nel tempo e così
            
emissione del fascio di luce che varia da 4 a 120°.
          
richiede sorgenti di dimensioni molto piccole o quando il colore della luce emessa deve
avere caratteristiche di spiccata saturazione o, infine, di robustezza ed elevata durata. In
alcuni casi, il parametro durata è determinante, quando la frequente sostituzione delle

piscine o di facciate di palazzi di notevole altezza e così via. La luce emessa è priva di
radiazioni UV o IR ed il funzionamento è in condizioni di sicurezza poiché avviene
normalmente a tensioni basse, comprese tra 3 e 24 V. Infine queste sorgenti risultano
           
40°C).
57
ILLUMINAMENTO DI INTERNI
         
   
           he si svolge
            
impegnati in lavori grossolani, ma anche in attività molto fini.
In uno spazio chiuso dedicato, per esempio, ad attività lavorativa manuale o affidata a

che il lavoro possa svolgersi senza eccessivo affaticamento degli occhi, che accelera ed
aggrava lo stato di stanchezza sia fisica che psicologica, con cali di concentrazione
particolarmente preoccupanti sul piano della prevenzione degli infortuni.
In uno spazio chiuso, per esempio, adibito alla esposizione di prodotti da vendere, il
          sione con
ricorso anche a luci colorate e cinetiche, è quello di esaltare i colori e le tinte anche con
        
fabbrica i tempi di permanenza giornaliera sono fissati per contratto mentre la sosta
davanti ad una vetrina è normalmente un piacevole svago di breve durata.
            
colori senza irradiare riflessioni fastidiose dalle superfici illuminate e senza ovviamente
danneggiare con il calore o con radiazioni ultraviolette le tele, i reperti archeologici, i libri e

1994:
”può identificarsi con l’esplicazione della prestazione visiva richiesta da una determinata
attività e, cioè, con la visione degli oggetti, dei dettagli e dello sfondo connessi al tipo di
mansione da svolgere. La visibilità di un compito visivo dipende principalmente dai
seguenti fattori:
luminanza del compito visivo;
contrasti di luminanza e di colore tra il dettaglio e lo sfondo;
dimensioni angolari e forma del dettaglio;
posizione del dettaglio nel campo visivo;
efficienza dell’apparato visivo dell’osservatore;
tempo di osservazione.”
Il dimensionamento di un impianto di illuminazione per interni richiede
fondamentalmente tre tipi di scelte:
scelta funzionale che dipende dal compito visivo o dalla attività da svolgere, con
particolare riguardo alla sicurezza individuale e collettiva, rendendo
       
occhi e garantendo benessere agli occupanti;
58
scelta ambientale        
architettonici etc.) già esi
insieme armonico ed esteticamente accettabile;
scelta economica, sia per i costi di realizzo che per quelli di manutenzione, tenendo

Ino            
quantitativo che di tipo qualitativo.

richiesta dal particolare compito visivo. A tale scopo il parametro più comune, soprattutto
    
flusso luminoso che illumina il compito visivo. Talvolta, soprattutto negli ambienti aperti il
parametro più ra
m-2
importante quanto le varie superfici riflettono verso gli occhi di un osservatore.

dei colori, una buona resa del contrasto, se si ha equilibrio delle luminanze e se non si ha

provenienza della luce sia diretta che riflessa.
In un interno si possono realizzare vari tipi di illuminazione, che differiscono tra di loro
a seconda del modo in cui gli apparecchi illuminanti vengono utilizzati. In particolare,
facendo riferimento alla tabella 11, si possono distinguere i seguenti casi:
Tabella 11: Tipologie di impianti di illuminazione
Flusso emisfero
inferiore (%)
Flusso emisfero
superiore (%)
Illuminazione diretta
100-90
10-0
Illuminazione semi-diretta
90-60
40-10
Illuminazione diffusa
60-40
60-40
Illuminazione semi-indiretta
40-10
90-60
Illuminazione indiretta
10-0
100-90
        
         
     nte adatta in laboratori,
uffici, grandi magazzini etc.
 -diretta si presta bene per abitazioni, uffici, mense mentre quella
indiretta è molto adatta per sale da spettacolo, ristoranti etc.
    bientali e la conoscenza precisa e
puntuale dei compiti visivi da svolgere sono preliminari indispensabili al vero progetto. A

973) raggruppati in:
Esigenze generali;
Condizioni ambientali e requisiti;
Caratteristiche strutturali.
59
Esigenze generali
Destinazione d’uso del locale, dislocazioni di mobili, macchinari, impianti, persone addette:
possono essere previsti più tipi di impianti di illuminazione.
Possibilità di integrare luce artificiale ed illuminazione naturale.
Illuminazione generale ambientale ed esigenze locali direttamente su particolari piani di
lavoro. L’illuminazione generale è quella atta a produrre una distribuzione spaziale il più
possibile uniforme ed omogenea in tutto il piano di lavoro.
Richieste di illuminazione direzionale localizzata ad integrazione dellilluminazione
generale per soddisfare esigenze specifiche o per adattare impianti preesistenti a nuove
distribuzioni dei posti di lavoro
34
.
Richieste di particolari rese del colore.
Esigenze di particolari rese del contrasto localizzato.
Controllo dell’abbagliamento.
Requisiti particolari derivanti da sicurezza ed emergenza.
Condizioni ambientali e requisiti
Operatività in ambienti aggressivi che richiedono soluzioni protettive dei corpi illuminanti a
tenuta di incendio, di polvere, a tenuta stagna contro gocce in caduta verticale od inclinata,
contro gli spruzzi etc.
Temperature estreme come dentro e nelle vicinanze di forni o dentro e nei pressi di celle
frigorifere.
Controllo dell’accumulo di calore prodotto dai corpi illuminanti dentro spazi angusti chiusi,
come nei controsoffitti, nei soffitti a capriate e nelle vetrine, e necessità di smaltimento
mediante ventilazione e raffrescamento dell’aria.
Carico termico dovuto all’impianto d’illuminazione da contabilizzare nel progetto
dell’impianto di climatizzazione durante la stagione calda.
Caratteristiche strutturali.
Geometria del locale: dimensioni in pianta ed altezza.
Individuazione e localizzazione dei piani di lavoro.
Altezza di montaggio dei corpi illuminanti.
Caratteristiche fisiche dell’ambiente: riflettività delle pareti, del soffitto, del pavimento, del
piano di lavoro, dei mobili, delle finestre, delle porte etc.
Integrazione dell’impianto di illuminazione con altri impianti di servizio coesistenti
nell’ambiente come ad esempio gli impianti di ventilazione, di climatizzazione etc.
Caratteristiche strutturali delle superfici di contorno che possono limitare o, comunque,
condizionare il posizionamento dei corpi illuminanti quali la struttura del soffitto, la
presenza di controsoffitto etc.
Impedimenti ed ostruzioni dovuti a travi, pilastri, soffitti a capriate o a cassettoni,
canalizzazioni e tubature di servizio etc.
34
La Norma UNI 10380 del 1994 ritiene ammissibile il ricorso all’illuminazione localizzata del singolo posto di lavoro solo se
coordinata con quella generale e solo se esistono esigenze particolari quali:
-compiti visivi impegnativi da svolgere in aree ristrette e ben individuate nel locale;
-compiti visivi che richiedono l’identificazione di contrasti, contorni, forme e strutture: in questi casi la luce deve provenire da
direzioni stabilite fisse od opportunamente orientabili, deve avere caratteristiche cromatiche particolari e deve essere idonea a creare
determinati livelli di luminanza;
-compiti visivi su superfici con elevati coefficienti di riflessione.
60
METODI DI CALCOLO


considerato in condizioni di comfort.
Il requisito quantitativo di base è la realizzazione di un determinato valore di illuminamento
sulla superficie su cui si svolge il compito visivo. Questa può essere orizzontale oppure
verticale o avere, in particolari casi, qualsiasi tipo di inclinazione.
Tale superficie è detta “Piano di Lavoro” 

Esempio di un piano di lavoro verticale è la superficie di un dipinto in mostra in una sala di
esposizione che viene illuminata in modo particolare rispetto al contesto in cui è inserita

Più comune è il caso di piano di lavoro orizzontale, tutte le volte che una attività lavorativa
si svolge in un ufficio, una fabbrica, un edificio scolastico e così via.
Quando non esiste un piano di lavoro reale se ne considera uno fittizio orizzontale che
viene scelto ad una altezza dal pavimento compresa tra 70 e 90 cm per attività comuni
oppure a circa 20 cm dal pavimento se il compito visivo è relativo al solo camminamento.
Per il dimensionamento di un impianto di illuminazione per interni si segue una delle
due procedure seguenti:
Metodo del fattore di utilizzazione, 
uniforme: metodo semplice, relativamente rapido, con risultati più che soddisfacenti
per moltissime esigenze.
Metodo punto a punto: metodo estremamente elaborato, richiede lunghi tempi di
        cio esiste una


METODO DELL’ILLUMINAMENTO UNIFORME MEDIO O DEL FATTORE DI
UTILIZZAZIONE.
Questo metodo di calcolo degli impianti di illuminazione viene utilizzato ogni
            
determinato piano di lavoro mediante una installazione costituita da un certo numero di
corpi illuminanti dello stesso tipo.
    esempio, di locali pubblici destinati ad uffici o di locali commerciali di


Il piano di lavoro in questi casi è fittizio ed è considerato orizzontale ad una altezza dal
pavimento di 80 cm circa.
           
non sarà mai perfettamente realizzabile poiché qualsiasi tipo di installazione, anche se
61
ben dimensionata e realizzata, produrrà dei valori di illuminamento oscillanti intorno al
valore medio con una concentrazione nelle posizioni più vicine ai corpi illuminanti ed una
attenuazione in posizioni più lontane da essi.
Tali oscillazioni devono essere contenute entro il ±20% intorno al valore medio per dar
luogo ad un buon grado di uniformità.
La scelta del corpo illuminante con le sue caratteristiche fotometriche influisce fortemente
sul risultato ottenuto. Se i        
apparecchio con la curva fotometrica “a fascio largo” è certamente più adatto allo scopo
poiché diffonde il flusso luminoso su ampie superfici mentre, al contrario, un corpo con
curva “a fascio stretto produce una maggiore concentrazione del flusso ed è più indicato

Inoltre, una volta calcolato il numero di corpi illuminanti da installare, sarà necessario
disporli in maniera re      
desiderata.
Il metodo in oggetto si propone dunque, una volta stabilito il valore

lampade più idonei allo scopo, di calcolare il numero degli apparecchi necessari a
          
        
dimensionamento è necessario definire una grandezza, che il titolo al metodo, che si
chiama “Fattore di utilizzazione”.
Fattore di utilizzazione
La scelta del corpo illuminante con le relative lampade consente di determinare il
flusso emesso da ciascun corpo illuminante in condizioni iniziali (corpo nuovo appena

Se indichiamo con n il numero di lampade ospitate dal singolo corpo illuminante, con W la
potenza elettrica assorbita da ciascuna di esse (W), e con 
della lampada stessa, possiamo dire che il flusso uscente out è dato dalla seguente
espressione:
Wn
out
Se indichiamo con N il numero di apparecchi, per ora incognito, da installare, possiamo
calcolare il flusso che complessivamente esce da tutti gli apparecchi illuminanti in
condizioni iniziali e che costituisce, dunque, ciò che, in termini di flusso luminoso, abbiamo

outtot N
Solo una porzione di tale flusso incide sul piano di lavoro, considerato che una
parte viene assorbita dalle superfici del copro illuminante e che una parte di quello che
incide sulle pareti viene assorbita dalle pareti stesse, in misura tanto maggiore quanto
minore è la loro riflettività. In sostanza, il flusso che effettivamente giunge sul piano di
lavoro è dato dalla somma di una componente diretta, che va direttamente dal corpo
illuminante al piano di lavoro, e di una riflessa, che giunge sul piano di lavoro solo dopo

62
ut
nuovo, specificheremo che tale flusso è in condizioni iniziali e lo chiameremo, pertanto,
ut,in.
Da quanto detto risulta evidente che il flusso utile iniziale è una porzione del flusso totale
la cui entità dipende dalle caratteristiche fotometriche del corpo illuminante e da quelle

Definiamo a questo punto fattore di utilizzazione il rapporto tra il flusso utile iniziale
ed il flusso totale in condizioni di impianto nuovo
35
:
tot
inut
u
F
,
Il fattore di utilizzazione Fu 
anche in percentuale.
        
necessariamente il flusso luminoso uscente assorbendone una quota ma migliora la
         
mpada
           
          
importante, veste il punto luce rendendolo accettabile esteticamente e armonizzandolo

Il fattore di utilizzazione dipende dalle caratteristiche del corpo illuminante, dalla geometria
              
dalla capacità riflettente delle pareti, dal tipo di sorgente luminosa (lampada
incandescente, lampada alogena, lampada fluorescente etc.), e, in modo particolare, dalla
curva fotometrica, cioè dalla distribuzione spaziale angolare del flusso luminoso emesso
dalla sorgente con il suo corpo illuminante.
Il metodo del fattore di utilizzazione è una procedura globale che ha come obiettivo
la valutazione del numero di corpi illuminanti necessario per assicurare il valore medio
 sul piano di lavoro.
Una successiva verifica, effettuata o sperimentalmente o con il metodo punto a punto,
         
valutando il cosiddetto coefficiente di uniformità, definito come il rapporto tra i valori
          
Norme. La Norma CIE 29-
valga il seguente rapporto:
E
E
min
max
.08
          
utilizzazione può essere schematizzata seguendo la traccia seguente:
35
Talora in letteratura si trova definito il rendimento a di un apparecchio illuminante come il rapporto tra il flusso luminoso uscente dal
singolo apparecchio out e quello della sorgente nuda :
aout
I rendimenti variano generalmente dal 100% fino al 70% - 80%. Una sorgente puntiforme senza apparecchio intorno ha un rendimento
unitario però ha sicuramente un fattore di utilizzazione basso in quanto manca un qualsiasi apparato che convogli la luce verso la
superficie dove deve svolgersi il compito visivo.
63
1. Scelta del valore più indicato dell’illuminamento.
Le Norme nazionali ed internazionali consigliano e raccomandano i valori
dell’illuminamento richiesto in funzione del compito visivo da svolgere o della
destinazione d’uso dell’ambiente. Di solito, per ogni compito visivo o per ogni tipo di
ambiente, viene assegnata una terna di valori per l’illuminamento legati tra loro da un
rapporto pari a 1,5 con arrotondamenti. Questo valore è giustificato dal fatto che
l’occhio non percepisce piccole differenze di illuminamento ma solo variazioni almeno
del 50%.
Viene indicata una terna di valori perché nello stesso ambiente di lavoro i compiti visivi

influisce ovviamente sulle capacità di percezione visiva: un compito visivo per persone
sotto i 45 anni richiede meno luce di quanto non serva per lo stesso lavoro ma per
persone ultrasessantenni.
Il valore medio della terna è consigliato per lo svolgimento del compito visivo in condizioni
normali, il valore superiore per gli stessi compiti visivi che richiedono più attenzione o che
vengono svolti da persone di capacità visive ridotte, mentre il valore inferiore è suggerito in
condizioni meno esigenti, a vantaggio di un sicuro risparmio economico senza ovviamente
pregiudicare la sicurezza nello svolgimento delle attività.
Nelle tabelle 12 e 1
UNI 10380 in corrispondenza di vari compiti visivi, relativamente ad ambienti di tipo
industriale o civile.
Tabella 12. Valori dell’illuminamento mantenuto per ambienti industriali consigliato dalle Norme UNI
10380
Ambiente o compito visivo
Illum. mantenuto (lx)
Ton.
colore
Gruppo
resa cr.
Grado
abbagl.
OFFICINE DI ASSEMBLAGGIO
Lavorazioni grezze, assemblaggio di macchinari pesanti
200-300-500
W, I
3
C
Lavorazioni medie, assemblaggio motori e telai di veicoli
300-500-750
I, C
3
C
Lavorazioni delicate, assemblaggio macchinari elettronici
e per uffici
500-750-1000
I, C
2
B
Lavorazioni molto delicate, assemblaggio strumenti
1000-1500-2000
C
2
B
INDUSTRIA ELETTROTECNICA ED ELETTRONICA
Manifattura cavi
200-300-500
I, C
3
C
Assemblaggio apparechiature telefoniche
300-500-750
W, I, C
2
B
Assemblaggio bobine e trasformatori
500-750-1000
Assemblaggio ricevitori radio e TV
750-1000-1500
W, I
2
B
Assemblaggio componenti elettronici di ultraprecisione
1000-1500-2000
C
2
B
INDUSTRIA DI LAVORAZIONE DELLE PELLI
Normali aree di lavoro
200-300-500
W, I
3
C
Pressatura, taglio, cucitura, produzione scarpe etc.
500-750-1000
W, I, C
2
B
Classificazione e controllo di qualità e del colore
750-1000-1500
W, I, C
A-B
CENTRALI ELETTRICHE
64
Sala caldaie
50-100-150
W, I
3
D
Sale telefoni ed apparecchiature di comunicazione
150-200-300
W, C
2
B
Sala turbine ed alternatore
150-200-300
W, I
3
C
Sala pompe, contatori, compressori, impianti ausiliari
50-100-150
W, I
3
D
Sala comandi: scrivanie e pannelli verticali
200-300-500
W, I
2
B
INDUSTRIE ALIMENTARI
Aree di lavoro normale
200-300-500
W, I
2
C
Lavorazioni automatiche
150-200-300
W, I
2
C
Decorazioni a mano ed ispezioni
300-500-750
W, I, C
1B
B
FONDERIE
Ambienti attigui ai forni
150-200-300
W, I
3
D
Formature grezze, lavorazioni di anime grezze
200-300-500
W, I
3
D
Formature fini, lavorazioni di anime fini, ispezioni
300-500-750
W, I, C
3
B
VETRERIE E FABBRICHE DI CERAMICA
Ambienti attigui ai forni
100-150-200
W, I
3
D
Sale per mescolatura, stampi, formatura, cottura
200-300-500
W, I
3
C
Finitura, vetrificazione e smaltatura
300-500-750
W, I
3
C
Colorazione, decorazione
500-750-1000
W, I, C
2
B
Rettificazione di lenti ed ottiche, lavori delicati
750-1000-1500
W, I, C
2
B
ACCIAIERIE E SIMILI
Produzioni che non richiedono interventi manuali
50-100-150
W, I
3
D
Produzioni che richiedono interventi manuali
100-150-200
W, I
3
C
Postazioni fisse di lavoro
200-300-500
W, I
3
C
Piattaforme di comando ed ispezione
300-50-750
W, I
3
B
CARTIERE
Produzione di carta e cartone
200-300-500
W, I
3
C
Processi automatici
150-200-300
W, I
3
C
Impastatore ed impianti di preparazione
200-300-500
Stampaggio
300-500-750
Ispezione, controllo, classificazione, selezione
300-500-750
W, I, C
2
B
INDUSTRIA TESSILE
Apertura dei rotoli, cardatura, stenditura
200-300-500
W, I
2
C
Filatura, bobinatura, aspatura, pettinatura, tintura
300-500-750
W, I
1B
B
Montaggio, ritorcitura, tessitura, cucitura
500-750-1000
W, I, C
1B
B
Stiratura
300-500-750
65
Ispezione
750-1000-1500
FALEGNAMERIE, MOBILIFICI
Segherie
150-200-300
W, I
2
B-C
Lavori al banco, assemblaggio
200-300-500
W, I
2
B
Lavorazione fine del legno
300-500-750
W, I, C
2
A-B
Finitura, ispezione e controllo finale
500-750-1000
I, C
1B
A-B
CEMENTIFICI
Fornaci, frantumatura e molatura
100-150-200
W, I
3
D
INDUSTRIA CHIMICA
Processi automatici
50-100-150
W, I
3
D
Impianti con manutenzione occasionale
100-150-200
W, I
3
D
Aree interne di impianti
200-300-500
W, I
3
C
Sale comandi e di controllo, laboratori
300-500-750
W, I, C
2
B
Produzione e manifattura farmaci
300-500-750
W, I, C
2
B
Ispezione
500-750-1000
I, C
2
B
Controllo colori
750-1000-1500
C
1A
A-B
Produzione pneumatici
300-500-750
W, I, C
3
C
OFFICINA MACCHINE E MONTAGGIO
Lavori occasionali
150-200-300
W, I
3
C
Lavori grossolani al banco, saldatura
200-300-500
W, I
3
C
Lavori medi al banco, assistenza macchine automatiche
300-500-750
W, I
3
C
Lavori delicati al banco, macch. Autom. Sofisticate, test
500-750-1000
W, I, C
3
B
Lavorazioni molto delicate, calibratura, ispezioni
1000-1500-2000
INDUSTRIA AEROMOBILI
Ispezione e riparazioni
300-500-750
W, I
3
B
Prova motori aeromobile
500-750-1000
I, C
3
B
PITTURA E VERNICIATURA A SPRUZZO
Immersione, verniciatura a spruzzo preliminare
200-300-500
W, I
1B
C
Pittura, verniciatura a spruzzo e finiture normali
300-500-750
W, I
1B
C
Pittura, verniciatura a spruzzo e finiture delicate
500-750-1000
W, I
1B
B
Ritocchi ed accompagnamento del colore
750-1000-1500
I, C
1A
B
STAMPA E LEGATORIA
Sala macchine di stampa
300-500-750
W, I
2
B
Composizione e lettura bozze
500-750-1000
W, I, C
1B
B
Correzione bozze, ritocchi, incisioni
750-1000-1500
I, C
!A
B
66
Riproduzione in colore e stampa
1000-1500-2000
C
1B
B
Incisione su acciaio e rame
1500-2000-3000
C
1B
B
Rilegatura
300-500-750
W, I
2
B
Rifinitura, stampaggio in rilievo
500-750-1000
I, C
1B
B
PRODUZIONE ABBIGLIAMENTO
Taglio e cucitura
500-750-1000
I, C
2
B
Controllo ed ispezione
750-1000-1500
I, C
2
A-B
Stiratura
300-500-750
W, I, C
2 B
Tabella 13 Valori dell’illuminamento mantenuto per ambienti civili consigliato dalle Norme UNI 10380
NEGOZI, MAGAZZINI, SUPERMERCATI
Aree di circolazione
150-200-300
I
1B
B
Esposizione merci
300-500-750
I
1B
B
Vetrine
500-750-1000
W, I, C
1B
B
UFFICI
Dattilografia, sale per computers
300-500-750
W, I
1B
B
Uffici di programmazione e di disegno
500-750-1000
W, I
1B
B
Sale riunioni
300-500-750
W, I
1B
B

Illuminazione generale aule di scuola
300-500-750
W, I
1B
B
Lavagna aule di scuola
300-500-750
W, I
1B
B
Laboratori artistici e scientifici
500-750-1000
W, I,C
1B
B
Illuminazione generale aule universitarie
300-500-750
W, I
1B
B
Lavagna aule universitarie
500-750-1000
W, I
1B
B
Banchi per dimostrazioni aule universitarie
500-750-1000
W, I
1B
B

300-500-750
W, I
1B
B
Sale per assemblee
150-200-300
W, I
1B
B
CHIESE
Navate, banchi
50-100-150
W, I, C
2
B
Coro, altare, pulpito
150-200-300
W, I, C
2
B
AUDITORIA
Teatri e sale concerti
50-100-150
W, I
1B
B
Usi multipli
150-200-300
W, I
1B
B
EDILIZIA GENERALE: AMBIENTI COMUNI
Corridoi, aree di circolazione
50-100-150
W,I
2
D
Scale, ascensori
100-150-200
W,I
2
D
67
Magazzini e depositi
100-150-200
W,I
3
D
ABITAZIONI ED ALBERGHI
Zone di conversazione e passaggio
50-100-150
W
1A
A
Area di lettura
200-300-500
W
1A
A
Area di scrittura
300-500-750
W
1A
A
Zona dei pasti
100-150-200
W
1A
A
Cucina
200-300-500
W
1A
A
Bagno:illuminazione generale
50-100-150
W
1A
B
Bagno: zona specchio
200-300-500
W
1A
B
Camere: illuminazione generale
50-100-150
W
1A
B
Camere: zona armadi
200-300-500
W
1A
B
Camere: letti
200-300-500
W
1A
B
Camere: stiratura, cucitura e rammendo
500-750-1000
W
1A
A
AMBIENTI SPORTIVI
Bocciodromi
300-500
I
1B
A
Palestre
300-500
I
1B
A
Piscine
300-500
I
1B
A
Tennis, pallavolo
500-750
I
1B
A
BIBLIOTECHE
Scaffalature
150-200-300
W, I
2
C
Tavoli
300-500-750
W, I
1B
B
Area di catalogazione e classificazione
200-300-500
W, I
1B
B
Legatura
200-300-500
W, I
2
B
OSPEDALI
Corsie: illuminazione generale
50-100-150
W
1A
A
Corsie: esami
200-300-500
W
1A
A
Corsie: lettura
150-200-300
W
1A
A
Corsie: illuminazione notturna
3-5-10
W
1A
Locali per esami: illuminazione generale
300-500-750
W
1A
A
Locali per esami: ispezioni
750-1000-1500
W, I
1A
A
Terapie intensive
200-300-500
W
1A
A
Chirurgia: illuminazione generale
500-750-1000
I
1A
A
Chirurgia: illuminazione localizzata
10000-20000-30000
I, C
1A
A
Sale autopsia: illuminazione generalizzata
5000-10000-15000
I, C
1A
A
Sale autopsia: illuminazione localizzata
5000-10000-15000
I, C
1A
A
68
Laboratori e farmacie: illuminazione generalizzata
300-500-750
I, C
1A
A
Laboratori e farmacie: illuminazione localizzata
500-750-1000
I, C
1A
A
Locale per consulti: illuminazione generale
300-500-750
W, I
1A
A
Locale per consulti: illuminazione localizzata
500-750-1000
W, I
1A
A
2. Determinazione dei parametri che definiscono le caratteristiche dell’ambiente da
illuminare
La molteplicità delle geometrie dei locali può essere utilmente razionalizzata
            
 parità di compito visivo, considera simili, dal punto di vista illuminotecnico,
ambienti con volumetrie e planimetrie diverse.

locale vale:
)( bah
ab
I
dove a e b sono le dimensioni in pianta mentre h è la distanza tra il piano di sospensione
dei corpi illuminanti ed il piano di lavoro.

seguente:
)( baH
ab
I
dove H è la distanza tra il piano di lavoro ed il soffitto che funziona da sorgente per
riflessione diffusa (cfr. Figura 16).
Figura 16: Indice del locale
         
attivamente alla qualità del risultato anche attraverso le superfici di contorno a causa della
loro capacità di riflettere la luce. I coefficienti di riflessione dipendono dalla natura dei
materiali delle pareti, 
h
H
Illuminazione diretta
Illuminazione indiretta
69
conoscenza dei coefficienti di riflessione medi delle pareti, del soffitto e del pavimento.
Generalmente la riflessione viene indicata con un numero a tre cifre: la prima cifra indica il
coefficiente di riflessione percentuale del soffitto, la seconda quello delle pareti mentre la
terza il coefficiente di riflessione del pavimento. Ad esempio il numero 751 indica un locale
con i seguenti coefficienti medi di riflessione:
soffitto 70%
pareti 50%
pavimento 10%.
3. Scelta del tipo di apparecchio
Gli apparecchi illuminanti possono essere di diversi tipi per quanto riguarda la
           
installazione; ma il parametro, che pdi ogni altro, caratterizza il corpo illuminante dal
punto di vista illuminotecnico è la curva fotometrica, ossia la distribuzione angolare
        
fotometriche sono fornite dalle ditte costruttrici con valori riferiti ad un flusso luminoso
standardizzato pari a 103 lm. Per le varie tipologie di apparecchi esistenti si hanno fattori di
utilizzazione diversi che le ditte produttrici forniscono attraverso opportune tabelle.
4. Determinazione del fattore di utilizzazione
A questo punto della procedura è possibile determinare il fattore di utilizzazione per
17.
Figura 17 Tabella per la determinazione del Fattore di utilizzazione (da PHILIPS)
Le ditte costruttrici forniscono i fattori di utilizzazione in funzione dei parametri geometrici
        (terne dei
coefficienti di riflessione del soffitto, pareti e pavimento) e delle caratteristiche del corpo
illuminante.
70
5. Calcolo del numero di apparecchi per l’illuminamento mantenuto
Dalla definizione di fattore di utilizzazione si ha per un impianto nuovo:
u
inut
tot F
,

           
piano di lavoro, propria del metodo, sempre in condizioni di impianto nuovo, si ha:
SE
S
Einut
inut
,
,
Da cui:
u
tot F
SE
Confrontando le relazioni che esprimono il flusso totale uscente dagli apparecchi si ricava
facilmente il numero di corpi illuminanti necessario per assicurare lo svolgimento del
compito visivo in condizioni di impianto nuovo:
outu
F
SE
N
A questo punto appare necessaria la definizione di due fattori correttivi che
consentono di aggiustare il calcolo del numero di apparecchi illuminanti in condizioni
operative normali, quando, cioè, gli apparecchi e le lampade, inevitabilmente invecchiati e
con le superfici trasparenti insudiciate esteriormente per il deposito di polvere e vapori
condensati ed altro, riducono il loro flusso luminoso rispetto a quello iniziale.
           
certamente un iniziale sovrad
dei costi di esercizio che con il trascorrere del tempo scompaiono normalizzandosi su
valori più giusti rispetto alle normali condizioni di esercizio.
Fattore di decadimento
Il primo fattore correttivo è il cosiddetto fattore di decadimento    
come rapporto tra il flusso mantenuto emesso dopo un certo tempo commerciale (a
regime), ed il flusso della sorgente nuova:
out
regime
d
Per una normale lampada ad incandescenza il decadimento dipende fortemente

a seguito della sublimazione del tungsteno.
71
          cacia dei
fosfori, con il deteriorarsi degli elettrodi metallici sotto il continuo bombardamento
soprattutto dei più massivi ioni positivi etc..
            
     nuovo) e viene di solito fornito dai costruttori, ma, in
mancanza di informazioni precise, può essere assunto dalla Tabella 14 seguente.
Tabella 14: Valori tipici del fattore di decadimento
Tipo di lampada
Decadimento
Lampade ad incandescenza
0.90
Lampade a fluorescenza
0.88
Lampade a vapori di sodio
0.85
Lampade a vapori di mercurio
0.85
Lampade a luce miscelata
0.86
Fattore di manutenzione
fattore di manutenzione 
grado di pulizia          
illuminare. La sporcizia si deposita prevalentemente sulle superfici orizzontali risparmiando
quasi del tutto quelle verticali dove comunque può accumularsi per effetto delle forze di
adesione e di attrazione di natura elettrostatica sulla sporcizia inerte in movimento per
gravità o per ventilazione. Le cause più comuni di insudiciamento sono la polvere, la
segatura, i vapori grassi ed oleosi liberati in atmosfera nei processi di cottura e di
trattamento ad alta temperatura, i vapori fuoriusciti da vasche a cielo aperto, le particelle di
sostanze trascinate dai vapori, fumi, sfilacciature di tessuti, ceneri, vapori di vernici e di
colle, polveri di marmo e di legno etc. Nella tabella 15 vengono indicati alcuni valori di
riferimento del fattore di manutenzione
Tabella 15: Valori consigliati per il fattore di manutenzione
Pulizia
Atmosfera
sporca
Atmosfera
pulita
Frequente
0.85
0.95
Normale
0.80
0.90
Scarsa
0.75
0.85
Noti il fattore di manutenzione e quello di decadimento, introduciamo il cosiddetto
   ut,mt, il flusso cioè che giunge sul piano di lavoro (utile) in
            
quello mantenuto esiste, naturalmente, la seguente relazione:
dm
inutmtut ,,
In condizioni           
piano di lavoro, che sta alla base del metodo:
72
SEdmSE
S
Einutmtut
mtut ,,
,
Ricordando che:
tot
inut
u
F,
Si ha:
u
out
u
totinut FNF ,
Da cui si ottiene:
dmF
SE
NSEdmFN
out
u
u
out
In letteratura la formula precedente è a volte scritta con il cosiddetto “fattore di
perdita luminosa”, dato dal prodotto tra il fattore di decadimento e quello di manutenzione:
dmF
In questo caso assume la forma seguente:
FF
SE
N
out
u
Una volta trovato il numero di corpi illuminanti da installare deve essere determinata
la loro distribuzione p adatta al conseguimento di una opportuna ed adeguata
sovrapposizione dei fasci di luce sul piano di lavoro senza il fastidio dovuto alla formazione

uniformità possibile. Le Norme CIE 52,1982 propongono una soluzione tipo per un locale a
geometria rettangolare con il rapporto tra le dimensioni in pianta dato da:
a
b16.
distinguendo tra corpi illuminanti disposti in numero di M parallelamente al lato più lungo a

sono funzione d16:
Tabella 16: Valori consigliati di M ed N per una corretta distribuzione dei corpi illuminanti
Indice del locale
0.6
0.8
1.0
1.25
1.5
2.0
2.5
3
4
5
10
20
M
2
2
3
3
4
4
5
6
8
10
20
38
N
1
2
2
3
3
4
4
4
5
6
12
24
73
Un altro criterio per la distribuzione dei corpi illuminanti si basa sul parametro
max tra i centri o tra gli assi di
simmetria dei corpi illuminanti:
dSC h
max  
dove h è la distanza in metri tra il piano di lavoro ed il piano di montaggio dei corpi
illuminanti, mentre SC, detto Criterio di Spaziatura, è un numero fornito dal costruttore o in
alternativa, ricavabile dalle tabelle I.E.S. che indicano il valore di SC per tutte le tipologie
dei corpi illuminanti standardizzati. Le file dei corpi illuminanti vicine alle pareti è bene che
distino da queste tra la terza parte e la metà della distanza massima ammissibile tra due
file consecutive.
Per la scelta del piano di sospensione delle sorgenti si può tenere conto delle seguenti
valutazioni circa il rapporto di sospensione rs:
rh
h h
s
'
'
con
hh
'2
01
3
 rs
dove h è la distanza tra il piano di sospensione delle lampade ed il piano di lavoro, mentre
  
garantire una buona uniformità di distribuzione della luce che, comunque, deve essere
verificata per validarne la conformità alle norme mediante il metodo punto a punto o
mediante misure in alcuni punti più significativi.
METODO DELLE CAVITA’ ZONALI
Il fattore di utilizzazione Fu ed il fattore di perdita luminosa F, necessari, come già
visto, per determinare il numero di apparecchi illuminanti in grado di fornire sul piano di
lavoro un illuminamento uniforme di valore pari a quello di progetto, possono essere
           
       andata dalla I.E.S. Essa si basa

CAVITÀ PAVIMENTO (Floor Cavity):      
pavimento e dal piano di lavoro;
CAVITA’ AMBIENTE (Room Cavity): 
piano del lavoro ed il piano di montaggio degli
apparecchi illuminanti;
CAVITA’ SOFFITTO (Ceiling Cavity): 
piano di montaggio degli apparecchi illuminanti ed
il soffitto.

 che la caratterizzano geometricamente.
In corrispondenza di ciascuna delle tre cavità le due grandezze considerate diventano:
74
h = hfc (altezza della cavità pavimento); FCR (Floor Cavity Ratio):
fc
h
ba
ba
FCR
5
h = hrc (altezza della cavita ambiente); RCR (Room Cavity Ratio):
rc
h
ba
ba
RCR
5
h = hcc (altezza della cavità soffitto); CCR (Ceiling Cavity Ratio):
cc
h
ba
ba
CCR
5
Determinazione del fattore di utilizzazione col metodo delle cavità zonali
Il fattore di utilizzazione viene determinato, secondo il metodo delle cavità zonali,
dalle tabelle fornite dai costruttori che adottano la procedura I.E.S. o da quelle prodotte
dalla I.E.S. stessa per una cinquantina di tipici apparecchi illuminanti.
Per ogni apparecchio illuminante esso è determinato in funzione del rapporto di cavità
ambiente, della riflettività delle pareti laterali (w      
soffitto (cc  
eventuale diversa finitura superficiale delle pareti laterali della cavità sia per la sua forma.
za attribuita alla geometria della cavità del soffitto può più facilmente essere
compresa tenendo conto che il flusso luminoso rinviato verso il piano di lavoro dalle
superfici laterali della cavità è sicuramente minore di quello rinviato da una superficie di
pari area ma disposta orizzontalmente in quanto diversi sono i fattori di forma o di
intercettazione.
La riflettività effettiva della cavità soffitto si può determinare da una opportuna tabella
fornita dalla I.E.S. in funzione della riflettività della base della cavità e di quella delle pareti
laterali. Dalla medesima tabella è inoltre possibile ricavare il valore della riflettività effettiva
della cavità pavimento (fc).
I valori tabulati del fattore di utilizzazione, ricavati per un valore di fc = 20%, vengono
corretti per valori diversi della riflettività effettiva della cavità pavimento mediante un
opportuno fattore di correzione di solito fornito dalla medesima I.E.S.
Determinazione del Fattore di perdita luminosa totale LLF (Light Loss Factor)
Come già sottolineato, il flusso luminoso uscente dagli apparecchi illuminanti in
condizioni di funzionamento a regime è certamente inferiore a quello stimato in condizioni
          cause di
         
75
essere in qualche modo eliminate mediante opportuni interventi di manutenzione, mentre
ne di controllo.
Queste ultime sono infatti legate a fatti accidentali, quali ad esempio una variazione nella
tensione di alimentazione della lampada, o a fenomeni di naturale deterioramento dei
materiali di cui sono fatti gli apparecchi illuminanti, o anc   
(alimentatori, reattori etc.) di caratteristiche diverse rispetto a quelli utilizzati per

rario,
classificate e stimate dalla I.E.S. mediante i seguenti coefficienti di deprezzamento:
Fattore di Deprezzamento per sporcizia sulle pareti dell’ambiente RSDD (Room Surface Dirt
Depreciation)
e causa una attenuazione del
flusso luminoso da queste rinviato verso il piano di lavoro. Tale fattore è sicuramente più
significativo nel caso di illuminazione prevalentemente indiretta soprattutto in ambienti di
piccole dimensioni. La determinazione del fattore RSDD si effettua secondo i seguenti
passaggi:
determinazione del tipo di illuminazione;
       

pareti ed in funzione delle categorie di manutenzione dei corpi illuminanti.
Nelle tabelle seguenti, ricavate da grafici forniti dalla I.E.S., sono riportati i valori del

VC Very Clean = molto pulito C Clean = pulito
M Medium = sporco medio D Dirty = sporco
VD Very Dirty = molto sporco.
Cat. I Cat. II Cat.III
Mesi
VC
C
M
D
VD
VC
C
M
D
VD
VC
C
M
D
VD
0
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
3
0.98
0.97
0.95
0.92
0.90
0.99
0.97
0.95
0.93
0.92
0.97
0.95
0.94
0.93
0.90
6
0.97
0.95
0.93
0.88
0.82
0.98
0.96
0.93
0.90
0.88
0.95
0.93
0.91
0.88
0.84
9
0.97
0.94
0.91
0.86
0.77
0.97
0.95
0.91
0.88
0.85
0.93
0.91
0.88
0.85
0.81
12
0.96
0.93
0.89
0.83
0.72
0.97
0.93
0.90
0.86
0.82
0.92
0.90
0.86
0.82
0.78
15
0.95
0.92
0.88
0.82
0.69
0.96
0.92
0.87
0.84
0.80
0.91
0.88
0.84
0.81
0.76
18
0.95
0.91
0.87
0.80
0.65
0.95
0.91
0.86
0.83
0.78
0.90
0.87
0.83
0.79
0.74
21
0.95
0.90
0.86
0.79
0.63
0.95
0.90
0.85
0.82
0.76
0.88
0.85
0.81
0.77
0.71
24
0.94
0.89
0.85
0.78
0.61
0.94
0.89
0.85
0.80
0. 74
0.87
0.84
0.80
0.75
0.69
27
0.93
0.88
0.83
0.77
0.59
0.94
0.88
0.84
0.78
0.73
0.86
0.83
0.78
0.73
0.67
30
0.93
0.87
0.82
0.76
0.58
0.94
0.87
0.83
0.77
0.72
0.85
0.82
0.76
0.71
0.65
Tabella 17
76
33
0.93
0.86
0.80
0.74
0.56
0.93
0.86
0.82
0.76
0.71
0.84
0.80
0.75
0.70
0.63
36
0.92
0.85
0.80
0.73
0.55
0.93
0.86
0.81
0.75
0.70
0.83
0.79
0.74
0.68
0.61
Cat.IV Cat.V Cat.VI
Mesi
VC
C
M
D
VD
VC
C
M
D
VD
VC
C
M
D
VD
0
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
3
0.98
0.96
0.93
0.90
0.82
0.98
0.95
0.92
0.88
0.85
0.98
0.96
0.94
0.81
0.89
6
0.96
0.93
0.89
0.83
0.72
0.96
0.93
0.87
0.83
0.77
0.95
0.92
0.90
0.85
0.81
9
0.95
0.91
0.85
0.77
0.65
0.95
0.90
0.84
0.80
0.73
0.94
0.88
0.85
0.79
0.74
12
0.93
0.88
0.81
0.72
0.61
0.93
0.88
0.82
0.77
0.71
0.92
0.85
0.81
0.73
0.67
15
0.92
0.86
0.77
0.68
0.57
0.91
0.86
0.80
0.75
0.68
0.91
0.83
0.77
0.69
0.62
18
0.91
0.84
0.74
0.64
0.53
0.90
0.85
0.79
0.74
0.66
0.89
0.81
0.73
0.65
0.57
21
0.90
0.82
0.72
0.62
0.51
0.89
0.84
0.77
0.72
0.65
0.87
0.78
0.79
0.61
0.53
24
0.89
0.80
0.69
0.59
-
0.88
0.83
0.76
0.71
0.64
0.86
0.76
0.66
0.57
-
27
0.88
0.78
0.66
0.56
-
0.87
0.82
0.75
0.69
0.63
0.85
0.75
0.63
0.54
-
30
0.87
0.76
0.65
0.55
-
0.87
0.81
0.75
0.68
0.61
0.83
0.73
0.60
0.51
-
33
0.86
0.75
0.63
0.53
-
0.86
0.80
0.74
0.67
0.60
0.82
0.71
0.57
-
-
36
0.86
0.74
0.61
0.52
-
0.85
0.79
0.73
0.65
0.59
0.81
0.70
0.54
-
-
Per stabilire a quale delle cinque tipologie di s
può può utilizzare la Tabella seguente:
Tabella 18 Livelli di sporco ambientale.
VC
C
M
D
V D
Sporco prodotto in ambiente
No
Molto
poco
Non
eccessivo
Accumulo rapido
Accumulo
continuo
Sporco da ambienti vicini.
No
Molto
poco
Poco
Molto
Moltissimo
Ventilazione, Filtraggio
Eccellente
Sup. alla
media
Inf. alla
media
Solo ventilatori o
soffianti
Nessuna
Adesività
Nessuna
Inf. alla
media
Abbastan
za
Alta
Alta
Una volta ricavato il valore del Deprezzamento (%) aspettato è possibile accedere alla
Tabella 19 in cui il fattore RSDD è fornito anche in funzione del fattore RCR e del tipo di
illuminazione.
Tabella 19: Determinazione dell’RSDD
TIPO DI DISTRIBUZIONE DELLA LUCE
DIRETTA
SEMI-DIR.
DIR.-INDIR.
SEMI-INDIR.
INDIRETTA
RSDD (%)
10
20
30
40
10
20
30
40
10
20
30
40
10
20
30
40
10
20
30
40
RCR
1
98
96
94
92
97
92
89
84
94
87
80
76
94
87
80
73
90
80
70
60
2
98
96
94
92
96
92
88
83
94
87
80
75
94
87
79
72
90
80
69
59
3
98
95
93
90
96
91
87
82
94
86
79
74
94
86
78
71
90
79
68
58
4
97
95
92
90
95
90
85
80
94
86
79
73
94
86
78
70
89
78
67
56
77
TIPO DI DISTRIBUZIONE DELLA LUCE
5
97
94
91
89
94
90
84
79
93
86
78
72
93
86
77
69
89
78
66
55
6
97
94
91
88
94
89
83
78
93
85
78
71
93
85
76
68
89
77
66
54
7
97
94
90
87
93
88
82
77
93
84
77
70
93
84
76
68
89
76
65
53
8
96
93
89
86
93
87
81
75
93
84
76
69
93
84
76
68
88
76
64
52
9
96
92
88
85
93
87
80
74
93
84
76
68
93
84
75
67
88
75
63
51
10
96
92
87
83
93
86
79
72
93
84
75
67
92
83
75
67
88
75
62
50
Fattore di deprezzamento per sporcizia sul corpo illuminante LDD (Luminaire Dirt
Depreciation)
          
aderente (grassi, vapori, polveri etc.) genera un importante deprezzamento del flusso
luminoso rispetto a quello teoricamente uscente da esso.
I cataloghi delle sorgenti luminose pubblicati e diffusi dai costruttori forniscono in genere

specifici questa può essere determinata mediante la seguente tabella 20.
In tale tabella la categoria di manutenzione varia in funzione delle caratteristiche di
chiusura inferiore e superiore. Il suo valore viene individuato in corrispondenza del
contemporaneo verificarsi di entrambe le condizioni indicate.
Tabella 20 Categorie di manutenzione dei corpi illuminanti
Cat.
Chiusura superiore
Chiusura inferiore
I
Nessuna
Nessuna
II
Nessuna.
Trasparente con almeno il 15% di flusso

Traslucida con almeno il 15% di flusso

Opaca con almeno il 15% di flusso luminoso

Nessuna.

III
Trasparente con meno del 15% di flusso
ture.
Traslucida con meno del 15% di flusso

Opaca con meno del 15% di flusso luminoso

Nessuna.

IV
Trasparente senza aperture.
Traslucida senza aperture.
Opaca senza aperture.
Nessuna.

V
Trasparente senza aperture.
Traslucida senza aperture.
Opaca senza aperture.
Trasparente senza aperture.
Traslucida senza aperture.
VI
Nessuna
Trasparente senza aperture.
Traslucida senza aperture.
Opaca senza aperture.
Trasparente senza aperture.
Traslucida senza aperture.
Opaca senza aperture.
Se questo abbinamento avviene per più di una categoria, si sceglie la categoria di valore
più basso. Il valore così determinato della Categoria di Manutenzione consente di
selezionare una delle sei curve riportate in Figura 18 in cui il fattore LLD viene stimato in

secondo il piano di manutenzione, tra due consecutivi interventi di pulizia degli apparecchi.
78
Fattore di deprezzamento delle lampade LLD (Lumen Lamp Depreciation)
Il normale esercizio delle lampade causa un deprezzamento del flusso luminoso
emesso per fenomeni di invecchiamento naturale (ad esempio assottigliamento del
filamento di tungsteno ed annerimento del bulbo nelle lampade ad incandescenza,
degradazione dei fosfori nelle lampade fluorescenti etc.). La I.E.S. definisce il fattore di
deprezzamento delle lampade, LLD, come il rapporto tra il flusso emesso da una lampada
al 70% della sua vita media e quello emesso dalla lampada nuova.
Alcuni costruttori forniscono i dati di tale grandezza riferiti alle sorgenti di loro produzione.
In assenza di tali informazioni si possono utilizzare, con buona approssimazione, i valori
indicati nella Tabella 21 per alcuni tipi di lampade.
Tabella 21 Decadimento del flusso luminoso per alcuni tipi di lampade
Tipi di lampade
VITA MEDIA
(h)
LLD
(%)
Incandescenza
1000
0.85
Incandescenza ad alogeni
2000
095
Fluorescenza (tubolari)
7500
0.90
Vap. di mercurio ad alta press.
12000
0.80
Alogenuri metallici
6000
0.70
Vapori di sodio ad alta press.
12000
0.90
Vapori di sodio a bassa press.
10000
0.85
Fattore di fuoriuso delle lampade LBO (Lamp Burn-out Factor)
Il flusso luminoso utile sul piano di lavoro può essere significativamente abbassato
per la presenza di lampade andate fuori uso non tempestivamente sostituite. Il piano di
manutenzione può essere infatti attuato in alcuni casi, soprattutto in applicazioni industriali
di grandi dimensioni, prevedendo la contemporanea periodica sostituzione di tutte le
lampade ad intervalli di tempo opportunamente stabiliti. In questo caso, durante il normale
cune lampade possono essere non funzionanti.
Figura 18
79
Il fattore LBO si definisce come il rapporto tra il numero minimo stimato di lampade che
rimangono sempre accese ed il numero totale delle lampade stesse installate.
Nei casi in cui le lampade fuori uso siano tempestivamente sostituite il fattore LBO assume
il valore unitario.
I quattro fattori di deprezzamento consentono, una volta stimati singolarmente
come indicato, di determinare il fattore di perdita luminosa totale LLF nel modo seguente:
LBOLLDRSDDLDDLLF
METODO PUNTO A PUNTO
         
          
ambiente con la determinazione del numero di sorgenti luminose necessarie ad illuminare
in modo mediamente uniforme il pianto di lavoro.
I risultati ottenuti possono in una successiva fase essere sottoposti ad una verifica
         
grado           
         
soprattutto quando applicato in appositi soft-wares di calcolo mediante i quali è possibile

punti del piano di lavoro.

somma dei contributi dovuti, rispettivamente, alla componente diretta ed a quella indiretta,
come espresso dalla:
 
FEEE indPdPP ,,
in cui EP      P,d e EP,ind le sue componenti diretta ed
indiretta ed F il già noto fattore di deprezzamento.
I due contributi v          
seguito.
Determinazione della componente diretta
(Legge dell’inverso del quadrato della distanza)
Consideriamo un punto P appartenente al piano di lavoro e la superficie infinitesima

Figura 19
d
S
P
dA
r
I0
pdL
80
Se d è il flusso luminoso infinitesimo incidente perpendicolarmente su dA, si ha:
dA
d
EdP
,
Considerando il flusso luminoso d prodotto da una sorgente luminosa puntiforme S posta
a distanza r dal piano di lavoro di cui sia nota la distribuzione spaziale delle intensità
luminose (curva fotometrica), si potrà scrivere:
dId 0
essendo I0  (cd) in direzione normale al piano di lavoro e d 
0.
Del resto, per la superficie dA disposta ortogonalmente ad r, vale la:
drdA 2
per cui si ottiene:
2
0
2
0, r
I
dr
d
I
dA
d
EdP
            

       rzionale al

           

due casi seguenti:
1) Illuminamento con incidenza obliqua su superficie orizzontale
Consideriamo il punto P appartenente ad un piano orizzontale, su cui incide il flusso
luminoso d     
piano con incidenza obliqua (cfr. Elementi di Fotometria)
Figura 20
S
dA
I
d

h

dAcos
81
Come già dimostrato nel capitolo “Elementi di Fotometria” di questa dispensa si
ha:
cos
cos
2
2
d
I
dA
d
dA
I
dA
dI
dA
d
E
,
mentre h rimane costante.
Essendo:
cosdh
si ottiene:
3
22
,coscos h
I
d
I
EdP
2) Illuminamento con incidenza obliqua su superficie verticale
In 
superficie verticale.
Figura 21
In questo caso, se dA è la superficie in
P e dA la sua proiezione in direzione normale a quella di vista, si ha:
sendAdA
P
S
dA
dAsen
h

d
I
82
Per cui:
sen
h
I
sen
r
I
sen
dA
d
dA
d
EdP
2
22
,cos
 e sorgenti
installate, è sufficiente sommare i contributi singoli di ciascuna di esse (sovrapposizione
degli effetti).
          
numero di sorgenti dello stesso tipo, come illustrato nel seguente esempio di calcolo.
ESEMPIO
            
                
fluorescenti da 36 W ciascuno, caratterizzati dalla distribuzione delle intensità indicata nella tabella
seguente. In essa vengono riportati sia i valori delle intensità relativi ad 1 klm, che quelli effettivi relativi al
flusso luminoso emesso realmente dalla sorgente.
Per passare dagli uni agli altri si procede nel modo seguente.
Si indichi con 
= 60 lm/W
Ogni corpo illuminante emette un flusso luminoso pari a
= 2 x 36 x 60 = 4320 lm
vamente emessa da ciascuna sorgente si moltiplica il valore relativo ad 1 klm
per il rapporto tra e 1000 lm, cioè 4,32.

(°)
I (cd/klm)
I (cd)
5
218.0
941.76
15
220.0
950.4
25
224.0
967.68
35
222.0
959.04
45
187.0
807.84
55
99.0
427.68
65
15.5
66.96
75
3.5
15.12
85
1.0
4.32
95
0
0
105
0
0
115
0
0
125
0
0
135
0
0
145
0
0
155
0
0
165
0
0
175
0
0
P
P
PdL
83
Ciascun corpo illuminante fornisce 
conoscendo la distribuzione delle intensità nel piano verticale passante per il punto e per il corpo illuminante
delle intensità, trattandosi di un
corpo illuminante con solido fotometrico a simmetria sferica e quindi con la stessa curva fotometrica su
qualsiasi piano di sezione considerato.
mento di Ed al variare di
e della distanza orizzontale a tra punto e sorgente.
cos3
a = h tg (m)
I(cd)
Ed = (I/h2)cos3 (lux)
5
0.989
0.19
941.76
192.4
15
0.901
0.59
950.4
176.9
25
0.744
1.03
967.68
148.7
35
0.550
1.54
959.04
109.0
45
0.354
2.2
807.84
59.1
55
0.189
3.14
427.68
16.7
65
0.075
4.72
66.96
1.04
75
0.017
8.21
15.12
0.05
85
0.0007
25.14
4.32
0.00
           
trascurabili per angoli di vista non superiori a 65°. Del resto a tali angoli corrispondono anche valori di a
           

lluminamenti diretti in funzione della distanza a.

cui sia nota la distanza a (rilevabile in pianta). Sommando i contributi dovuti a ciascun corpo illuminante si


            el calcolo dovuta alla
presenza di corpi dello stesso tipo.
Il metodo punto a punto risulta molto utile nel caso in cui si voglia dimensionare un
impianto di illuminazione localizzata in cui è necessario illuminare una superficie di piccole
dimensioni. In questo caso, poiché di solito vengono utilizzati corpi illuminanti a fascio
stretto posizionati a piccola distanza dal piano di lavoro, non esiste componente riflessa
        o del
quadrato della distanza è possibile, per una data sorgente di cui siano note le
caratteristiche fotometriche, costruire un grafico che fornisce i valori degli illuminamenti
Illuminamento diretto in funzione della distanza orizzontale
0
50
100
150
200
250
0,19 0,59 1,03 1,54 2,2 3,14 4,72
(m)
(lux)
84
medio e massimo a distanze fisse dalla sorgente, per agevolare il calcolo di un eventuale
impianto di illuminazione localizzata.
Allo stesso modo, il metodo punto a punto risulta molto utile per effettuare il

Determinazione della componente indiretta
I             
        
determinata dal flusso luminoso che giunge sul piano di lavoro dopo aver subito una o più

Ovviamente, ad ogni riflessione successiva corrisponde una attenuazione
            
suddette superfici assume valori molto piccoli, tale contributo può considerarsi
trascurabile. Al contrario esso risulta tanto più significativo quanto più riflettenti sono le

Un primo metodo per la determinazione della componente riflessa
resuppone che esso si distribuisca uniformemente sul piano di lavoro.
Metodo dell’illuminamento indiretto medio
Tale ipotesi è naturalmente poco verosimile ma consente di effettuare una stima
approssimata della componente riflessa tanto più attendibile quanto minore è il peso che

           
piano di lavoro di area S da N corpi illuminanti installati 
emetta un flusso luminoso complessivo pari a , viene determinato mediante la:
m
m
indP S
N
E
1
,
in cui m indica la riflettività media pesata di tutte le superfici del locale che
contribuiscono a riflettere il flusso luminoso sul piano di lavoro e può essere determinata
nel modo seguente:
N
ii
N
iii
mS
S
1
1
essendo i la riflettività della iesima superficie Si 
In alternativa a quello illustrato è possibile utilizzare un metodo per la
determin        
tiene conto della diversa distribuzione ti tale contributo nei vari punti del piano di lavoro.
Esso risulta pertanto più accurato e particolarmente adatto a locali di forma rettangolare o
quadrata.

S
RRC
NE indP
,
85
2) e con RRC (Reflected
Radiation Coefficient) il Coefficiente di Radiazione Riflessa.

)( CWCCCW LLRPMLRRC
dove:
Lcc: Coefficiente di luminanza del soffitto;
Lcw: Coefficiente di luminanza delle pareti;
RPM: Moltiplicatore di posizione (Room Position Multiplier).
Lcc ed Lcw sono tabulati, analogamente al fattore di utilizzazione, in riferimento alle
caratteristiche fotometriche del corpo illuminante scelto, alle riflettività delle pareti e del
            a

coordinate alfanumeriche i cui riferimenti sono presi sugli assi di una griglia a maglie
rettangolari costruita sulla pianta del locale.
Nota la coppia di coordinate che indicano la posizione del punto P sul piano di lavoro, si
può determinare il fattore RPM relativo a tale posizione, utilizzando una opportuna tabella
fornita dalla I. E. S.
ASPETTI QUALITATIVI DI UN IMPIANTO DI ILLUMINAZIONE
Un buon impianto di illuminazione deve realizzare condizioni di benessere visivo per gli
           
quantitativi già esaminati, anche di alcune caratteristiche qualitative che concorrono al
benessere degli utenti. Tra queste, in particolare, vanno considerate le seguenti:
Buon equilibrio tra le luminanze presenti;
Assenza di abbagliamento;
Idoneità delle caratteristiche cromatiche delle sorgenti al compito visivo.
          
           
stesso. Alcune situazioni comportano esigenze più raffinate di altre: altro è, ad esempio, la
resa cromatica che devono avere le sorgenti installate in un interno destinato ad ufficio o a
residenza, altro è quella propria di sorgenti preposte alla illuminazione di dipinti in mostra
in una pinacoteca.
Equilibrio tra le luminanze ed abbagliamento
Di solito il compito visivo di un osservatore occupa solo una parte del suo campo visivo,
che invece investe anche altre superfici o porzioni di superfici di contorno rispetto ad esso.
llo del
compito visivo e quello delle altre superfici presenti nel campo visivo che lo riguarda.
86
Il grado di adattamento dipende dalle luminanze in gioco, dalla loro posizione reciproca e
dalle dimensioni di ciascuna di esse.
Le attività che prevedono lo svolgimento di un compito visivo costante nel tempo, come ad
esempio la lettura di un libro, richiedono, ai fini del comfort visivo, un rapporto tra le
              
osservatore sposta spesso lo sguardo modificando il campo visivo, come ad
esempio nella battitura di un manoscritto, tale rapporto deve essere compreso tra 1/10 e
10.
         
adeguatamente la direzione di provenienza della luce, onde evitare che luminanze di

al compito principale. Queste possono essere relative sia a corpi illuminanti sia a superfici
riflettenti, particolarmente rischiose se danno luogo a riflessioni speculari.
Quando il contrasto tra le luminanze risulta superiore a valori di riferimento, tollerabili
          meno
          
da un eccessivo contrasto tra le luminanze che compaiono nel campo visivo
originando,
a seconda dei casi, una condizione di abbagliamento disturbante o debilitante. Nel primo
caso il grado di discomfort è tale da originare un disturbo nella percezione visiva causato
dal fatto che i sensori (coni e bastoncelli) responsabili del fenomeno della visione, essendo
           
messaggi visivi con contenuto energetico diverso e devono adattare la loro risposta
contemporaneamente a due stimoli diversi. Nel secondo caso il grado di discomfort è più

dalla superficie di più elevata luminanza è talmente in contrasto con quella della superficie
    to del ricettore a questo elevato contenuto energetico
impedisce di percepire il messaggio meno luminoso.
           
una autovettura sugli occhi di un automobilista che percorre la stessa strada in verso
opposto, quando lo sfondo del compito è oscuro (regime notturno); le medesime sorgenti

diurno quando la luminanza dello sfondo del compito è confrontabile a quella dei fari
considerati.
          
luminanze diverse avviene non contemporaneamente ma in rapida sequenza una dopo
uando apriamo una finestra in un ambiente
scuro lasciando che le intense radiazioni solari di una giornata estiva investano gli occhi di
             
abbagliamento debilitante.
iamento può essere generato sia da corpi illuminanti ad elevata luminanza
(abbagliamento diretto) che da superfici lucide fortemente riflettenti (abbagliamento
riflesso).
           o di
          
proposto anche dalla UNI 10380, che si articola nei seguenti passaggi:
1. 
2. Determinazione della cur
3. Confronto con la curva di luminanza di riferimento scelta in funzione della classe

87
La seguente tabella 22 consente di determinare la    
relativamente al compito visivo svolto.
Tabella 22           
svolto.
Classe di qualità ai fini della limitazione
dell’abbagliamento
Compito visivo
A
Molto difficoltoso
B
Con prestazioni visive elevate
C
Con prestazioni visive normali
D
Con prestazioni visive modeste
E
Con prestazioni visive elevate in assenza di una posizione di
lavoro precisa (occupanti mobili)
Figura 22: Definizione dell’angolo di irraggiamento
Con riferimento alla Figura 22, per una data posizione reciproca tra sorgente ed
osservatore, si definisce angolo di irraggiamento il seguente:
Tale angolo definisce i limiti del campo visivo del     
rischio quando è compreso tra 45° e 85°.
In Figura 23 sono riportate le curve di luminanza di riferimento del tipo A, utilizzabili
per apparecchi senza bordi laterali luminosi (sono considerati tali anche quelli con bordi
laterali luminosi di altezza minore di 30 mm), o con bordi laterali luminosi paralleli alla
direzione di osservazione; nella Figura 24 sono invece riportate le curve di luminanza di
tipo B, utilizzabili per apparecchi con bordi laterali luminosi esclusi quelli con bordi laterali
luminosi paralleli alla direzione di osservazione.

a
hs
45°
s
h
a
arctgγ
88
Figura 23: Curve di luminanza tipo A
Figura 24: Curve di luminanza tipo B
           
abbagliamento provocato eventualmente da corpi illuminanti. Il metodo prevede il calcolo
della luminanza del corpo illuminante considerato secondo gli angoli di osservazione che
vanno da 45° ad 85° ed il confronto con una delle curve di riferimento selezionate in base

89
A titolo di esempio consideriamo il corpo illuminante già utilizzato nel paragrafo
precedente, i cui dati di intensità luminosa per angoli compresi tra 45° e 8 sono i
seguenti:
Supponendo che il corpo illuminate preso in considerazione abbia una superficie di 0,3 m2,
si hanno i seguenti valori di luminanza:
Nella figura seguente (curve di riferimento tipo A) viene effettuato il confronto tra la curva
e, selezionata in base alla classe di qualità (C: compito visivo con prestazioni normali),
            
illuminante ottenuta riportando sul diagramma i valori calcolati della luminanza ai vari
angoli di vista.
Risulta evidente che la curva di luminanza del corpo illuminante è tutta a sinistra di quella
di riferimento, per cui questa installazione non genera alcun rischio di abbagliamento

(°)
I (cd/klm)
I (cd)
45
187.0
807.84
55
99.0
427.68
65
15.5
66.96
75
3.5
15.12
85
1.0
4.32
(°)
I (cd/klm)
I (cd)
S(m2)
L(cd/m2)
45
187.0
807.84
0,3
3808,19
55
99.0
427.68
0,3
2485,46
65
15.5
66.96
0,3
528,14
75
3.5
15.12
0,3
8,16
85
1.0
4.32
0,3
7,22
90
di luminanza (solitamente sono così i corpi illuminanti con sorgenti fluorescenti lineari) e
potrebbe creare qualche fastidio solo per una classe A con illuminamento 2000 lux (curva
a), tra 45 e poco meno di 60°.
Nel caso un corpo illuminante produca fenomeni di abbagliamento, è possibile ridurne la
luminanza utilizzando appositi accessori (lamelle schermanti perpendicolari alla direzione
prevalente di   

essere utilizzata se si prevede un maggior numero di corpi illuminanti con una potenza
installata inferiore per produrre lo stesso illuminamento sul piano di lavoro.
Idoneità delle caratteristiche cromatiche delle sorgenti al compito visivo
Le sorgenti luminose installate in un ambiente devono avere opportune
caratteristiche cromatiche che le rendano idonee al particolare compito visivo cui è

Come già accennato nel capitolo riguardante le sorgenti luminose, va innanzitutto
selezionata la temperatura di colore delle sorgenti, che è il parametro che determina la
sensazione di luce calda, fredda o neutra.
In particolare, una temperatura di colore inferiore a 3300 K è sinonimo di una luce bianco-
calda, mentre se è superiore a 5300 K la sorgente produce una luce bianco-
considerarsi bianco-neutra invece una luce in cui la sorgente abbia una temperatura di
colore intermedia tra i due valori indicati.
La luce bianco calda è più ricca di toni giallo/rossi e si addice ad interni residenziali, quali
civili abitazioni, pensioni, alberghi, case per vacanze etc. o ad ambienti destinati ad attività
per le quali è richiesta una atmosfera accogliente e stimolante.
La luce bianco fredda è più ricca di toni blue/verdi e si addice ad interni o esterni destinati
ad attività per le quali è richiesta una atmosfera riposante o per attività di precisione o con
maggiori esigenze cromatiche.
In alcune applicazioni riveste particolare importanza anche un'altra caratteristica cromatica
della sorgente, definita dal suo Indice di resa Cromatica, che rappresenta, come già
definito nel capitolo riguardante le sorgenti luminose, la fedeltà, espressa in termini
percentuali, con cui è percepito il colore di una superficie illuminata dalla sorgente in
oggetto rispetto alla percezione della medesima superficie quando è illuminata da una
sorgente di riferimento.
La resa cromatica di una sorgente è importante quando la percezione del colore
          
).
In questo caso vanno privilegiate sorgenti ad elevato Ra (classi 1A ed 1B), cioè ad
incandescenza, alogene, fluorescenti pentafosfori.
Negli interni comuni valori accettabili di Ra (60÷90) si ottengono, oltre che con lampade ad
incandescenza, anche con lampade a scarica del tipo fluorescenti trifosfori o ad alogenuri.
In alcune applicazioni (es: illuminazione di strade a scorrimento veloce) si preferiscono
sorgenti a basso Ra (classi 3 e 4), ma con elevatissima efficienza luminosa per ovvie
ragioni di risparmio energetico (es: lampade al sodio a bassa pressione).
91
LA LUCE NATURALE
La luce naturale è da considerarsi un elemento di fondamentale importanza nella
progettazione architettonica per gli aspetti che coinvolge: percezione spaziale degli
ambienti, sensazione del trascorrere del tempo secondo il ciclo diurno (ritmo circadiano),
benessere visivo degli occupanti degli ambienti realizzati, risparmio energetico,
compatibilità ambientale, sostenibilità.
Le condizioni di benessere ambientale sono fortemente influenzate dalla presenza di luce

lavorative vengono svolte con maggior profitto e con più elevata efficienza in ambienti in
cui sono presenti sorgenti di luce naturale, piuttosto che in luoghi che ne siano privi, ma
anche la sola permanenza degli individui in uno spazio chiuso è più confortevole se questo
risulta illuminato con luce naturale. La percezione dello scorrere del tempo, legata alle
diver
del giorno, è infatti un fattore di fondamentale importanza per la condizione psicologica
          essere
compensata da un buon impianto di illuminazione artificiale. Sostanziali sono infatti le
differenze tra i due tipi di illuminazione e non sempre un livello di illuminamento più elevato
(ottenibile con un impianto di luce artificiale) garantisce un grado superiore di comfort.


separare il contributo proveniente direttamente da esso (componente diretta) da quello

          
(componente diffusa). Questa seconda parte della energia raggiante che giunge

Anche quando la componente diretta della luce naturale è assente, a causa, ad esempio,
di condizioni climatiche avverse (cielo coperto) o della particolare esposizione della
superficie irraggiata che non presenta interfaccia diretta con il sole (Nord, oppure altro
orientamento in fasce orarie non interessate da irraggiamento diretto), la componente
diffusa è sempre presente.
La componente diretta della luce naturale ha una direzione di provenienza ben
precisa, determinabile una volta nota la posizione del sole nel cielo (coordinate solari),
mentre quella diffusa, per sua stessa natura, non ha una direzione specifica di
provenienza ma interessa tutte le direzioni spaziali. Questa differenziazione ha notevoli

intercettabile, quindi schermabile, quella diffusa no, se non integralme
caratteristiche architettoniche di un edificio, quali la forma, orientamento, le dimensioni e
la collocazione delle superfici vetrate, condizionano la quantità di luce naturale disponibile
le.
Altra caratteristica peculiare della luce naturale è la sua variabilità temporale, per
cui non è prevedibile il flusso luminoso che entra in un edificio attraverso le aperture
poiché esso può variare in funzione di cambiamenti climatici più o meno repentini, del
passaggio di nubi temporanee, delle condizioni ambientali esterne che sono sempre
sottoposte ad un regime variabile. Questo rende poco prevedibile il flusso luminoso
entrante attraverso le finestre e non definibile univocamente la disponibilità di luce naturale

92
IL SOLE
Il  su una data superficie dipende dalla posizione
istantanea del sole, che è considerato una sorgente puntiforme   
dalla terra, e nsità della radiazione emessa. La posizione del sole sulla volta
celeste è definita dalle coordinate solari: azimut ed altezza.
Con riferimento alla figura 1, definiamo:
Azimut: coordinata angolare presa sul piano orizzontale passante per il punto
considerato individuata dalla direzione Sud e dalla traccia su tale piano del piano
contenente il punto P ed il sole;
Altezza : coordinata angolare presa sul piano verticale contenente il punto P ed il
sole, individuata dalla congiungente sole-punto P e dalla traccia sul piano
orizzontale del piano verticale suddetto
Figura 25: Coordinate solari
Altezza e Azimut permettono di determinare la posizione istantanea del sole per un
dato punto P sulla terra in un dato giorno e ad una data ora. Sono reperibili da opportune
tabelle o, in alternativa, calcolabili mediante le due formule indicate, in funzione della
   , della latitudine del sito (L) angolo orario (U)
espresso in gradi.
 
ULsenDsenLarcsen coscos
 
coscos senUDarcsen
Declinazione D ed Angolo orario U sono a loro volta esprimibili in funzione del giorno
giuliano (J)ora del giorno
(h) compresa tra 0 e 24, secondo le formule seguenti:
 
284
368
360
45,23 JsenD
 
hU 1215
Zenit
P
SOLE
SUD
93
La distribuzione spettrale gia raggiante emessa dal sole  è
simile a quella di un corpo nero a circa 6000 K
azione di filtro in grado di
    incidente sulla superficie terrestre e di tagliare le
radiazioni al di sotto dei 300 e al di sopra dei 3000 nm
    al suolo e la loro distribuzione spettrale dipende
dunque dalle condizioni igrometriche, dalla presenza di polveri e dallo spessore
, che è a sua volta 
LA VOLTA CELESTE
La sorgente di luce diffusa, denominata volta celeste, è piuttosto complessa da
schematizzare, poiché, come già accennato, essa è caratterizzata da una distribuzione
non uniforme della luminanza, che varia, nelle varie porzioni di superficie, anche in senso
temporale in funzione di eventi climatici accidentali o consolidati, quali presenza di nubi,
significativi strati di umidità, grado di inquinamento, etc.
La volta celeste può essere considerata solo in prima approssimazione una
superficie lambertiana, in quanto la sua luminanza è variabile in funzione della posizione
         o alla posizione del sole ha
luminanza maggiore della restante parte della stessa, per cui, anche in assenza di

       contributo in funzione della posizione
reciproca tra superficie irraggiata e spicchio di cielo da essa inquadrato.
Sono stati approntati dei modelli di luminanza della volta celeste in riferimento ad
alcune condizioni di luminanza standard che rispondono a situazioni definibili di riferimento
ma che non hanno una precisa corrispondenza con situazioni reali. Queste ultime, infatti,
non sono prevedibili e solo in prima approssimazione possono essere ricondotte a quelle
definite da uno dei modelli descritti. Di seguito vengono date le caratteristiche
fondamentali dei modelli di cielo codificati a livello internazionale.
Cielo Coperto
Esistono due modelli di cielo coperto, accomunati dalla caratteristica di definire un
tipo di cielo che prevede uno strato di nubi sufficiente a rendere impossibile la percezione
della posizione occupata dal sole sulla volta celeste.
Il primo, detto Cielo Coperto Uniforme (Uniform Overcast sky) prevede una luminanza
        condizione ambientale esterna

elevata umidità (foschia, nebbia) tipiche di alcune zone del nostro paese (Pianura
Padana). Questo tipo di cielo può essere considerato una superficie lambertiana in cui la
luminanza di qualsiasi punto Lp coincide con quella zenitale Lz.
Il secondo invece, denominato Cielo Coperto Standard CIE (CIE Standard Overcast Sky)
          co di alcune località
           
Moon e Spencer e adottata ufficialmente dalla CIE
36
:
36
Commission International de l’Eclairage
94
 
3
21
sen
LL ZP
essendo p ed Lz, rispettivamente, la luminanza del punto considerato
sulla volta celeste ed allo zenit.
Le curve isoluminanza di questo modello di cielo sono circolari con centro nello zenit,
prevedono un valore costante nel tempo del rapporto
Z
P
L
L
, mentre i valori assoluti della
luminanza puntuale variano nel tempo in funzione di quella zenitale che a sua volta
dipende, istante per istante, dalla posizione del sole.

su un piano orizzontale non schermato, compresi mediamente tra 5000 e 7000 lux.
Cielo Sereno
La distribuzione delle luminanze tipica di un cielo sereno è variabile nel tempo
poiché
legata alla posizione del sole sulla volta celeste. La luminanza di un punto P dipende dalla
di              
espressioni analitiche delle curve isoluminanza sono molto complesse e la CIE ha
adottato, per descrivere questo tipo di cielo, un modello semplificato proposto da Kittler:
 
 
 
z
sen
ZP z
e
ee
LL
2
3
2332,0
cos45,01091,0274,0
cos45,01091,01
essendo:
: distanza angolare tra il punto P ed il sole;
z: angolo zenitale del sole (complementare di )
Anche in questo caso i valori assoluti della luminanza variano nel tempo in funzione della
luminanza dello zenit che è, a sua volta, funzione della altezza del sole.
Cielo Nuvoloso o Intermedio
          intermedia
tra quelle relative al cielo coperto ed a quello sereno.
Un modello di cielo intermedio non è stato ancora codificato dalla CIE, mentre la IES
37
propone il modello descritto da W. Pierpoint, che usa una equazione simile a quella di
Kittler per il cielo sereno con valori diversi dei coefficienti che tengono conto di fenomeni di

37
Illuminating Engineering Society
95
 
 
 
 
80,0
5,1
5,180,0
15526,0
5526,01
ee
ee
LL z
sen
ZP
Come già indicato, in tutti e tre i modelli descritti, la luminanza dello zenit dipende dalla
posizione dl sole sulla volta celeste, in particolare dalla sua altezza. Di seguito vengono
riportate delle relazioni proposte dalla CIE per esprimere questa dipendenza in ciascuno
dei tre casi considerati:
Cielo coperto:
senLz8600123
Cielo sereno:
 
C
ztgBAL
con A=100; B=600; C=1,10
Cielo intermedio:
 
C
ztgBAL
con A=100; B=5290; C=1,19
ILLUMINAMENTO DA LUCE NATURALE
           
caratteristiche della sorgente e dalla posizione scelta sul piano di lavoro. Sono da
considerarsi sorgenti di luce naturale tutte le aperture o le superfici almeno in parte
         .
Queste sono in realtà sorgent        
ambiente di radiazioni dirette o diffuse provenienti dal sole o dalla volta celeste. Come già
              
indiretta e le finestre, i lucernari, i sistemi di trasporto o altre tecnologie in grado di far
penetrare negli ambienti interni la luce diurna costituiscono delle sorgenti nel senso che

La luce naturale ha caratteristiche dinamiche, data la variabilità temporale della
luminanza della porzione di cielo inquadrata dalla apertura considerata che costituisce la

superfi         
              
96
superficie è occupata dal sole, di conseguenza la sua luminanza è elevata e la superficie
illuminata sarà interessata da radiazione diretta oltre che diffusa; in altre ore della giornata
tale luminanza risulta invece di livello inferiore. La variabilità temporale e spaziale della
luminanza delle varie porzioni di volta celeste determina dunque una disponibilità di luce
            

Con queste infatti si ha una disponibilità di flusso luminoso costante nel tempo e secondo
una distribuzione spaziale prevedibile in funzione della curva fotometrica, mentre nel caso
di luce diurna non è possibile definire la distribuzione spaziale del flusso luminoso
entrante, né come v
lavoro.
Per questo motivo è sorta la necessità di introdurre alcune grandezze che permettano di
          
standardizzate, che non rispondono a situazioni reali ma a modelli di cielo ideali con
caratteristiche standard. In questo modo è possibile dare alle grandezze che consentono
         ti non
avrebbero.
In queste ipotesi definiamo il Daylighting Factor o Fattore di Luce Diurna DF nel modo
seguente:
e
i
E
E
DF
essendo Ei           
generato dalla sorgente di e 
misurato su una superficie orizzontale liberamente esposta alla luce proveniente dalla
volta celeste in assenza di radiazioni dirette provenienti dal sole. Il fattore di luce diurna è
dunque definito solo nelle condizioni di cielo coperto CIE o uniforme.

sereno, quindi in presenza di radiazioni solari dirette, p costituire un parametro
fuorviante nella valutazione della efficienza di una sorgente di luce diurna. Un esempio
tipico che permette la comprensione di tale concetto è il seguente:
Una finestra esposta ad est è meglio irraggiata nelle prime ore della giornata quando il
sole, appena sorto, è         
intensità. In queste condizioni il rapporto
e
i
E
E
risulta elevato per via del valore piccolo del
        u superficie
             
della maggiore intensità delle radiazioni dirette, ma il rapporto suddetto non seguirà lo
stesso andamento anzi sarà caratterizzato da un valore più basso pur essendo

           
           
erronea delle sue prestazioni.
           
mediante la valutazione del DF ma questo va, a rigore, calcolato solo nella configurazione
di cielo coperto.
Possiamo considerare il DF composto da tre termini secondo la seguente espressione:
CRECRISCDF
97
dove:
SC: componente cielo (sky component)
CRI: componente di riflessione interna
CRE: componente di riflessione esterna
Il primo termine indica il contributo al fattore di luce diurna dovuto alla luce che
perviene nella posizione considerata sul piano di lavoro direttamente dalla sorgente
           
superfici 
  
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                
giudizio sulle condizioni di illuminazione diurna in un locale si può far riferimento al fattore
medio di luce diurna definito come
me
mi
mE
E
DF )(
)(
Essendo (Ei)m 
della Norma UNI 10380 ed (Ee)m la media dei valori di illuminamento esterno rilevati
durante le misurazioni.
La determinazione del fattore di luce diurna può essere effettuata con vari metodi
manuali grafici o tabellari, per i quali si rimanda ai testi consigliati in bibliografia. Ciascuno
di essi consente di determinare in maniera distinta ciascuna delle tre componenti indicate
e di ottenere il DF per sovrapposizione di effetti.
 
luce naturale, tra cui ricordiamo Radiance, Ecotect, Energy-plus, per citare solo i più
accreditati. Essi si basano di solito sugli algoritmi del Ray-tracing e del Radiosity, che

del DF con il cielo coperto, anche immagini fotorealistiche degli ambienti illuminati che
danno la sensazione visiva degli effetti ottenuti nelle varie situazioni considerate.

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